Cecità
José Saramago Feltrinelli 2013
Gli occhi di un non vedente scorgono un mondo fatto di colori sconosciuti. Come la peste di Camus la cecità diventa strumento d'ispezione dell'animo umano. Si scopre così un'umanità dolorosa alla ricerca di un riscatto universale.
Gradimento: ALTO.
Pastorale americana
Philip Roth Einaudi editore 2012
La narrativa americana nelle mirabili pagine di un maestro della scrittura, senza ammiccamenti e senza sconti al provincialismo ed al grigiore di una grande nazione. Il tutto proiettato nelle vite di personaggi troppo impegnati nella strenua lotta contro la mediocrità e la disfatta generazionale. Da leggere assolutamente consapevoli di non poterne restare che amareggiati e affranti dal dubbio insoluto sulle cose della vita.
Gradimento: BUONO
La masseria delle allodole
Antonia Arslan Dati Editore 2007 pagg. 223.
Quale libro migliore da leggere sul genocidio degli Armeni commesso dal 1915 al 1917 dall’Impero Ottomano, se non questo? Il 12 aprile 2015 Papa Francesco ne parla forse perché convinto di commemorare una tragedia nota, ma il mondo lo apprende invece come fosse il tragico evento di un secolo lontano.
Intanto la Turchia si offende ritirando il suo ambasciatore dalla Santa Sede.
Come dire: ci avete scoperti e noi non giochiamo più!
Antonia Arslan Dati Editore 2007 pagg. 223.
Gradimento: ALTISSIMO.
Solo ritorno.
Angelo Di Leo Scorpione ed. 2011
“Solo Ritorno” è la storia di un viaggio
nella memoria. Si può viaggiare pur non essendosi mai spostati dal luogo in cui
si è nati, lo si può fare visitando, esplorando, conoscendo. Oppure ricollocando
nella propria mente una serie di ricordi che affiorano sparsi e s’illuminano
improvvisamente come una serie di lampadine da presepe, in successione l’una
dopo l’altro. Il ricordo stesso è un viaggio. Marco è un uomo che intraprende
un viaggio in treno da Milano verso Taranto perché ha ricevuto un biglietto che
dice: ”scendi”. Non vorrebbe partire,
la sua indolenza è forte e la partenza è per lui una sconfitta. Significa
rinunciare al poco che ha in una Milano abbattuta e quasi degradata; frequenta
una donna e crede di amarla, ha un lavoro che non gli piace e scambia ogni
giorno per quello del riscatto. Che non arriva, e allora rimugina il suo
passato come fosse polenta in un paiolo; e lo rimescola, ogni volta che gli
conviene. Vorrebbe tornare al sud, ma teme di lasciare una città che, tutto
sommato, lo abbraccia come una dama decaduta. E poi c’è il treno, si odono sferrazzare
le rotaie e l’arrivo in ogni stazione apre una finestra da cui si vedono storie
di vita e gente che passa; Marco vede un mondo in quelle carrozze e lo abita
come fosse una nuova città.
Ma il viaggio è
soprattutto incontro per il protagonista: la studentessa che s’affaccia colma
di speranze ed il prete, il prete soprattutto, che introduce il tema della
fuga. Perché la fuga è fondamentale in questo racconto ed è l’anticamera della riscoperta. Il prete è immediatamente colui che scuote l’anima di Marco e la
scrolla fino allo svuotamento; qui la colpa emerge e l’espiazione religiosa
diviene laicamente riscatto.
Il motivo del
viaggio si rivela solo nelle ultime pagine.
La fine è come una
catarsi.
Da leggere ed
intimizzare.
Gradimento: ALTO
Dopo lunga e penosa malattia
A.Vitali, Garzanti 2008
Abbiamo appena rigirato l’ultima pagina di questo romanzo. Ci è parso un po’ giallo, un po’ noir, sullo sfondo lacustre in una Bellano triste e malinconica; la storia del dott. Lonati ha un incedere lento e felpato fin dall’inizio, non esita, non rallenta mai perchè mai è incalzante. Una vicenda che si preannuncia ben architettata: il notaio che muore d’infarto, l’amico che nutre dubbi sulle cause della morte, donne che paiono impressioni sfocate in un paesaggio nebbioso. Pare a tratti di sentire l’odore di fritto che promana dal morto disteso nel letto, o di scorgere i tristi ippocastani del lago che si flettono colpiti dallo scroscio di una pioggia insistente; ma le persone non traspirano dai luoghi e i luoghi stessi rimangono impietriti nella fugacità della narrazione. Quando sembrerebbe di ambientarsi nel racconto, proprio allora le frasi finiscono come treni su di un binario morto.
L’incipit promette e spinge il lettore ad immedesimarsi nel Lonati e ad affezionarsi ad un amico ormai defunto che attende giustizia; vorremmo cercare e poi trovare l’assassino, ma Vitali non ce ne dà il tempo. Chiude la storia quando siamo già pronti nel nostro impeto investigativo, serra le fila dell’intreccio quando l’intreccio non è altro che un bozzo in sviluppo. Noi restiamo amaramente delusi, quasi in debito d’ossigeno, e proprio quando ci rendiamo conto che, potendo essere noi lo scrittore, avremmo voluto scrivere ancora, allungando la vita a personaggi troppo ermetici e poveri di spigoli, tutto finisce improvvisamente sfumando in una pagina che pare incompiuta. La prosa agile e svelta non basta.
Una storia mutilata.
Gradimento: sufficiente
10 feb 2012
No, in effetti parlerò di un uomo, un uomo che mi ha colpito nonostante tutto con le sue parole, con i suoi occhi.
I libri di Mauro Corona non mi hanno mai interessato, l'avevo sempre collegato ad un mondo che non mi appartiene, quello della montagne, della neve, delle scalate. Lo vedevo come un mio amico friulano che ho sempre considerato un po' matto, e soprattutto lontano da me e dalla mia visuale della vita. A quel mio amico invece piaceva molto Mauro Corona, un solitario come lui, amante del vino, credo, come lui, spigoloso nei modi e vero in tutti gli atteggiamenti.
Ho sentito parlare Mauro Corona in una trasmissione su Cielo, e poi alle Invasioni Barbariche di LA7. Cuculi, canarini, boschi, storie d'amore inusitate e gratuite, amore senza "ricevuta di ritorno", come dice lui, ed inquadrato da dietro mi è parso proprio il mio amico friulano, con i capelli fluenti sciolti e disordinati sulle spalle, ruffi come rozza è la vita di montagna. Ho guardato i suoi occhi ed ascoltato le sue parole ed ho capito che sbagliavo a non voler leggere Mauro Corona. Sbagliavo, e attenzione, non ho ancora letto niente di lui. Ma ora so che lo farò e che non me ne pentirò.
Domani lo dirò anche al mio amico friulano, gli dirò che Mauro Corona ha smesso di bere perchè non voleva fare più del male a chi gli vuole bene.
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