Il cielo è azzurro a Taranto. Sempre, anche quando
piove. Dai balconi larghi come terrazze, l’azzurro appare terso e profondo, si
confonde col mare, ch’è una tavola spianata. Sempre, anche quando è crespo. A
metà del lungo viale costiero, ritmato da verdi e antiche palme, si apre una
grande rotonda bianca, come la tolda di una vecchia nave, vuota e spicciola, bordeggiata
da forti lampioni di ferro sovrastati ognuno da quattro sfere luminose.
Affacciandosi dalla ringhiera o seduti su una delle panchine piatte senza
spalliera, ci si convince di essere davanti ad un dipinto. Qui le albe ed i
tramonti colorano l’orizzonte con pennellate sfumate, tutto in un gioco di luci
che non si dimentica; ma si può anche ascoltare il rumore dell’acqua che timida
s’infrange sui bastioni. I nonni coi
nipotini sui pattini la usano da sempre come pista di riciclo e i chioschetti
ambulanti spinti a pedali offrono granite e gelati dal sapore antico.
Chi nasce e vive a Taranto porta sempre con sé quel
profumo e quel trionfo di riflessi, conosce bene il rumore di quelle onde, cerca
in ogni dove lo specchio di queste sensazioni, senza trovarle e disperandosene
per tutta la vita, sa bene che la sua città soffre per tanti motivi e si
strugge per questo, soffrendo insieme a lei senza via di scampo, si accorge che
la sua città non respira più ed egli stesso ansima con grande affanno temendo
di morirne.
Chi è nato ed è andato via da Taranto vive un doloroso
ricordo ed ogni momento dell’infanzia tarantina, anche nell’emigrante più
emancipato, rivive nella sua nostalgia greve ed amorevole.
Ma Taranto sta diventando rossa.
Da anni Taranto sta diventando rossa, perché rossa è
la polvere che scende clandestina sulle teste dei bambini e infida s’insinua
nelle narici deboli dei vecchi, avvelenando i polmoni di tutti. Quella polvere
che precipita come pioggia invisibile, non bagna, però entra nelle case, dalle
finestre, dai comignoli e dai portoni. Quella polvere si chiama diossina ed è vento trasparente di
metallo, nebbia quotidiana ed insana, ospite indesiderato in una città silente
che incassa indolente i duri colpi che le vengono inferti.
E’ difficile stabilire un nesso causale tra le
emissioni dell’Ilva e le malattie tumorali sviluppatesi in maniera esponenziale
a Taranto, difficile individuare le responsabilità penali. Ma a Taranto è
iniziata un’era nuova; sulla scorta probabilmente anche di quanto avvenuto con
la storica sentenza “eternit” di
Torino, adesso anche la magistratura jonica sta tentando di praticare la strada
dell’accertamento epidemiologico. E’ ciò che stanno verificando tre esperti
nominati consulenti dal Gip del Tribunale tarantino, che dovranno depositare a
breve i risultati del loro lavoro nell’ambito dell’incidente probatorio
richiesto dalla Procura. In tanti sperano che in quelle carte, in quei dati, vi
sia la giustizia che tutti ci attendiamo e che rivendicano a piena voce i
parenti dei bambini morti per tumore da fumo in quel quartiere Tamburi sviluppatosi per decenni, senza che nessuno mai alzasse un dito per impedirlo, proprio a ridosso dello stabilimento siderurgico diventandone una sorta di appendice dormitorio.
FrederickLAB seguirà questa vicenda e ne pubblicherà puntualmente
gli aggiornamenti.
Questo perché speriamo che Taranto ritorni a
respirare.
Qui alcuni links utili a documentarsi sull'argomento.