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13 febbraio 2012

Matteo e la polo da matricola.

Il vecchio non tollera di buon grado la novità che sopravviene. E' una questione di egoismo, di diffidenza, d'istinto di sopravvivenza. Si può essere aperti mentalmente, giovanilmente gaudenti, e nonostante ciò insorgerà in noi l'astio contro il giovane che attenti alla pretesa giustezza delle nostre posizioni. La gavetta è una storia vecchia e, soprattutto, una scusa ed un pretesto per respingere quest'attacco letale.
Ora, trasliamo il tutto nella politica e ci accorgeremo che i vecchi partiti soffriranno della presenza dei nuovi, i politici maggiormente navigati tenderanno a sminuire le idee dei giovani imberbi affacciatisi nell'agone politico, li irrideranno tentando di attenuarne l'impatto attrattivo. Fino a quando qualcosa nel dibattito tra partiti e movimenti affiorerà come lava che ribolle; qualcosa di disgregante, atto a rimescolare le carte sul tavolo dove il gioco è sempre stato il medesimo per dieci, venti, trent'anni. Arriva cioè un movimento che non vuole diventare partito, e non si capisce bene se sia antisistema, o se invece aspiri ad integrarsene totalmente, o semplicemente se si tratti di un gruppo di opinione formatosi sull'onda dei nuovi associazionismi del web, in cui ambientalismo, spirito no-global ed impeto di stampo rifkiano verso una nuova civiltà fondata su empatia ed energie rinnovabili, siano un tutt'uno e si mescolino intercettando i gusti dei più giovani.

05 febbraio 2012

Italia, un corpo senz'anima

Formosissima donna, l'Italia calpestata dalle nostre azioni e sommersa dalle chiacchiere non ne puó piú. Chiusa in una tenaglia dolorosissima tra le amene volgaritá dei neo-secessionisti da banchetto e le volgari amenitá dei meridionali pigri e maneggioni, adesso l'Italia come una donna attempata anela a nuovi slanci e si affaccia dal balcone a guardare chi passa.
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"L' Italia é fatta: tra litigi, tasse e scandali, cominciamo a fare gli italiani. Venezia si é concessa, Roma non ancora, mentre il Sud e Torino forse hanno giá cambiato idea" (La Patria, bene o male - C. Fruttero  e M. Gramellini ed. Mondadori 2010).
Interrogarsi sull'esistenza di una nazione dopo centocinquant'anni di unitá politica diventa in questi mesi, in questi giorni, una esigenza che dovrebbe sentire ogni cittadino. Esiste un corpo unico di valori? Oppure c'é solamente un progetto impostato e non compiuto, attualmente sgretolato sotto i colpi inferti da una classe politica inetta? E poi, siamo o non siamo un unico popolo che condivide la stessa storia e la medesima cultura? Oppure l'unitá partorita é figlia della disunitá genetica, cioé tra una Venezia che subito si integra perché vuole liberarsi dal giogo austroungarico ed una Roma che tentenna, vi é il Sud che non vuole, o non sa, esprimersi. Dunque Torino, il Piemonte che ambiva a farsi motore, e che invece si accorge di non essere troppo italico, almeno quanto basta per fare l'Italia. Tre atteggiamenti diversi piú uno addirittura avulso, non empatico (come direbbe Jeremy Rifkin) con quello del resto degli attori. Ci pare sia lo specchio della situazione attuale, in cui il magico incastro non si é ancora realizzato. Cosa non ha funzionato non sta a noi stabilirlo, ci preme soltanto dire in questa sede che nonostante tutto "Noi credevamo".