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20 giugno 2018

Italia nazione aperta



fotografia da raimondorizzo.wordpress.com/
Ci sono rimasti pochi pregi da esibire, tra questi quello di essere un popolo che accoglie. Ce l'abbiamo scritto nel dna, lo sappiamo fare meglio di chiunque altro perché siamo sempre stati aperti. Questo è un fatto incontrovertibile e non lo può negare nessuno; lo si vede nell'azione generosa dei volontari che prestano il loro impagabile servizio nei punti di approdo delle navi degli immigrati, nei gesti di umanità dei medici che sono lì a curarli dalle malattie del corpo e del cuore, lo vediamo addirittura negli sguardi indulgenti dei poliziotti e dei carabinieri impegnati per assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza di tutti. Sono tutti lì perché in un modo o nell'altro accolgono nella nostra terra chi urla di un dolore più forte e chi patisce sofferenze più atroci. Perciò non meritiamo lezioni da nessuno su questo. L'Italia è una nazione aperta per definizione, lo dice la storia dei nostri porti, terre di sbarco da millenni per chiunque abbia voluto entrare nel continente; siamo sempre stati un portofranco geoculturale; nell'epoca repubblicana anche l'antica, e certamente non proprio incline alle grandi navigazioni, Roma aveva improntato frenetici scambi commerciali sui porti marittimi di Ostia e di Pozzuoli aprendosi agli scambi commerciali ed ospitando stranieri che un tempo sarebbero stati soltanto brutalmente sottomessi. Se ci soffermassimo su Genova, o Venezia o sulla restante parte di città marittime che abbracciarono popoli stranieri nel dispiegarsi dei secoli, non basterebbero queste pagine per descriverne la ricchezza e la motilità culturale.
"Genova cominciò a gareggiar di commercio con Marsù. Pisa doventò un cantiere italiano e vi fu stabilito un collegio di fabbricatori navali e di marangoni. Luni spopolata per il vuoto de Liguri Apuani non presentava più la sua antica possanza ed attività sul mare ma i porti della Campania e Locri Napoli e Siracusa brillavano per traffico oltramarino. Taranto si trovò comoda col suo porto per i commercj colla Grecia coll'Affrica e colla Sicilia. Brindisi ed i porti della Puglia per i traffici coll Epiro coll'Illiria e colla Macedonia. Roma formava alla foce del Tevere il porto dell'universo vi teneva arsenale un collegio di marinari uno di fabbricatori navali quello de misuratori quello de saccarj. Essa aveva in gran considerazione le città d'Italia che distinguevansi per la celebrità del porto o per la costruzione de vascelli; improntava nelle sue monete una prua un Nettuno un delfino come già lo avevano fatto i Fenicj ed a somiglianza de Rodiensi sorgeva legislatrice marittima e mercantile. Promosso così nell'Italia il commercio esterno oltremarino, vi mancavano strade all intorno che vi facilitassero le importazioni ed esportazioni interne per agevolarvi il commercio da provincia in provincia ma Appio Claudio che fu Censore nel consolato di Valerio Massimo vi fece quella strada famosa di pietre cube da Roma a Capua per lui chiamatasi Appia che poi dalla romana magnificenza fu estesa fino a Brindisi....." LIBRO I (Storia dei tre celebri popoli marittimi d'Italia. Giovanni Battista Fanucci - 1817 Pisa Ed Pieraccini)
fotografia da www.uonna.it/ellis-island.htm
Ecco, noi siamo ancora tutto questo, per cui è un atteggiamento contro natura quello di chiudersi, perché noi le porte le abbiamo sempre tenute aperte, non abbiamo mai usato chiavistelli, facendo impavidamente entrare in casa sconosciuti d'ogniddove, preoccupandoci soltanto che si trovassero a loro agio, come se casa nostra fosse una sorta di centro d'accoglienza all'aperto, inglobando i loro usi e costumi, incrociando le nostre famiglie con le loro, banchettando insieme come solo noi sappiamo fare, salvo poi sorprenderci colpevolmente quando questi si sono trovati così bene da non andarsene più. Il solito male italiano di non credere mai fino in fondo nel nostro genio e di essere artefici delle nostre disfatte.