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28 febbraio 2013

Dimissioni e morte.

Intanto, dopo tutto, mentre il Papa vola via e Napolitano spende uno spicciolo di orgoglio nazionale, a Taranto un altro morto per lavoro. Mentre l'Italia s'arrovella sui governi possibili, proprio quando il Pontefice abdica in favore di un successore che non vuole diventare Papa, in fondo a tutto questo, la notizia che all'Ilva di Taranto un altro giovane uomo è morto nella sanguinosa guerra del lavoro, non riesce a scuotere neanche i cuori più deboli. 

19 settembre 2012

La "trattativa" permanente.

foto da nexocorporation.com
L'Italia è il "Bel Paese", non c'è dubbio; e dietro questa locuzione apparentemente benevola si celano mille anditi oscuri. L'Italia è quella che conosciamo, quella che facciamo noi stessi, tra lampi di genio e cadute fallimentari. Ma soprattutto, l'Italia è il posto della creatività: artistica, letteraria, finanziaria e adesso anche giuridica. E Taranto è un'avanguardia sul proscenio della creatività; è ormai la città del crimine mediatico per antonomasia (il caso Scazzi su tutti); è la città delle polveri dell'acciaieria più grande d'Europa, l'Ilva e, di conseguenza, quella del più elevato numero di morti tumorali dovute ad inquinamento provocato da un'industria. Ma da qualche giorno Taranto è pure la città dove un provvedimento dell'Autorità Giudiziaria, che altrove e verso altri soggetti sarebbe immediamente esecutivo, non viene ottemperato dal destinatario mediante il ricorso ad una forma di artato rallentamento della procedura di applicazione delle prescrizioni imposte che non trova eguali almeno nella storia dei procedimenti penali degli ultimi trent'anni. Si può patteggiare sulla pena (art. 444 c.p.p.) quando l'imputato chiede al Pubblico Ministero di concordare una sanzione più vantaggiosa in cambio di un sensibile accorciamento del processo, con notevole risparmio di tempo e di soldi per l'erario. Ma che il soggetto indagato, in questo caso l'Ilva, si arroghi il diritto di trattare con la Procura della Repubblica che l'ha già colpita con una misura coercitiva (il sequestro degli impianti), come se si trovasse al mercato delle pulci, no, questo non l'avevamo mai visto! Sappiamo soltanto che se un cittadino qualunque venisse colpito da un provvedimento di sequestro di un suo bene, dovrebbe immediatamente rinunciare al suo "uso", almeno fin quando non intervenisse un ulteriore e successivo atto di dissequestro. 
Ma, si sa, l'Italia è il paese della creatività e, adesso, anche della trattativa permanente.

30 agosto 2012

Stasera a PIAZZAPULITA su LA7 Taranto ed il Sulcis in diretta

In questo paese di dormienti e di addormentati, di finti tonti e d'imbonitori prezzolati, di televisioni in stato da estiva ipnosi inebetente, ecco finalmente che qualcuno si accorge dei drammi sociali che si sono sviluppati quest'estate in Italia, a Taranto ed ultimamente in Sardegna. Stasera su La7 riprende la programmazione di PIAZZAPULITA di Corrado Formigli, che si occuperà con due interessanti dirette live della questione dell'Ilva e dei minatori del Sulcis asserragliati a quasi quattrocento metri di profondità nel sottosuolo.


Tema comune: Lavoro, ambiente e sopravvivenza in un'Italia soffocata dallo spread.
FrederickLAB Notes questa sera guarderà questa puntata.


17 agosto 2012

Taranto e l'Ilva ad un bivio.

Non e' perche' FrederickLAB Notes stia diventando monotematico, ma crediamo che la questione dell'Ilva di Taranto rappresenti molto di piu' di una storia da gossippari di mezz'estate; infinitamente ed incomparabilmente di piu' di vicenda da voyeur da sedia a sdraio o di un giallo da risolvere sotto l'ombrellone. Il teatrino che sta andando in scena in queste ore, in questi minuti, e' degno della commedia degli errori, a voler essere buoni; le mille voci che si stanno levando in proposito ed in tutte le direzioni (che sono mille, nella migliore tradizione della atavica disunita' nazionale) s'intrecciano e s'intersecano, collidono e stridono fra di loro emettendo rumori inconsulti e, soprattutto, confusionari. E' questo quello che si vuole? Dire, urlare al vento una molteplicita' di idee e di soluzioni, ma tutto sommato non dire nulle e rimescolare le carte all'infinito? I mass media sono attori principali in questo giochetto che tende a ribaltare ed a rimestare nel torbido, a travestire la verita'. Su "Il Giornale" di stamane un articolo in bella mostra afferma che i dati delle perizie sugli effetti cancerogeni delle polveri inquinanti dell'Ilva di Taranto sono sbagliati, o quantomeno travisati per il semplice motivo che a Taranto non esiste un registro dei tumori. Verrebbe da rispondere con una frase ad effetto:"grazie al....!", basterebbe interrogarsi sul perche' di tale mancanza. Forse che qualcuno in questi decenni ha impedito proditoriamente la creazione di un simile archivio? Intanto questa a Taranto sara' una giornata campale, come non se ne sono viste mai; la citta' adesso e' come su di un trampolino: puo' spiccare il volo in vista di una svolta che, ci auguriamo, sara' epocale; oppure precipitera' in un baratro profondo, dal quale sara' quasi impossibile uscire.
 La diretta TGNorba 24 sugli eventi di oggi a Taranto


03 agosto 2012

L'Unione sindacale a Taranto scivola via.

L'unione non fa più la forza; proprio quando cantavamo le lodi della solidarietà sindacale nell'ambito della piazza operaia tarantina, è giunta l'azione di forza di un gruppo di lavoratori durante il comizio dei leaders nazionali Camusso, Angeletti, Bonanni e Landini. Che facessero parte dei Cobas, o dei centri socaili, oppure che rappresentassero un nucleo di "free riders", ossia battitori liberi che vogliono esprimere le loro opinioni senza il vincolo di

L'iscrizione che campeggia nel Quartiere Tamburi di Taranto
appartenenze politico-sindacali, non è ancora del tutto chiaro. Intanto si fanno chiamare MLCLP (movimeno dei lavoratori e dei cittadini liberi e pensanti) e ciò vuol dire che sono in qualche modo già strutturati dicendosi portatori, più o meno legittimamente, degli intendimenti di quella parte di popolazione insoddisfatta della concertazione e dei risultati con essa ottenuti in decine di anni di storia sindacale. Si tratta di una ribellione vera organizzata sulla base di un incipiente spontaneismo, oppure sarà la solita fugace e sterile protesta di qualche arrabbiato di turno? Lo vedremo nelle prossime ore, dato l'innegabile segnale monitorio dell'episodio verificatosi ieri. Si capirà se sarà stata la solita solfa di comparsate di provincia e di periferia industriale, oppure, alla luce dell'imminente decisione del Tribunale del Riesame in ordine al provvedimento di sequestro degli impianti dell'area a caldo, minacciata peraltro da eccezioni di tipo procedurale che potrebbero farla slittare a settembre, se assisteremo ad una svolta nella dialettica di concertazione. Nel frattempo, proprio mentre scriviamo, è giunta la notizia che il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha appena approvato il provvedimento che guiderà le procedura di risanamento dell'area industriae tarantina e, in particolare, di quella del Quartiere Tamburi, cioè qualla parte della città costruita e sviluppatasi proprio intorno alle accaierie e, dunque, maggiormente a rischio dal punto di vista ambientale e sanitario. Insomma sta per arrivare una pioggia di soldi grazie ad una ennesima  procedura di emergenza; la storia del nostro meridione continua a ripetersi.

26 luglio 2012

Impianti dell'Ilva di Taranto sequestrati dall'autorità giudiziaria

Blocco della via Appia da parte degli operai
E adesso? Bisognava arrivare a tanto? Otto persone, in sostanza i vertici dell'azienda, agli arresti domiciliari, circa diciottomila lavoratori (tra dipendenti dell'Ilva e dell'indotto) a rischio impellente di disoccupazione, una città umiliata ed una comunità spossata. Quando interviene la magistratura con l'adozione di misure coercitive, sia reali che personali, vuol dire che tutti gli altri attori in scena hanno miseramente fallito. Aspettiamoci adesso di assistere all'azione di profittatori politici e di strumentalizzatori professionisti, a tutta una serie di mercanteggiamenti elettorali di cui, francamente, non se ne può più. Un intero territorio, tutta una comunità, invece, ansimeranno in preda alla pena occupazionale, ma anche ambientale. Speriamo solo che questa sia l'occasione di una svolta epocale, quella del coraggio di rinunciare una volta per tutte all'acciaieria, che ricorderemo tutti comunque con folle nostalgia, e di mettersi intorno ad un tavolo di emergenza col quale si adottino procedure eccezionali di intervento sull'area jonica dell'Ilva e si approntino misure di seria riconversione industriale nell'ottica dello sfruttamento, ad esempio, delle risorse naturali esistenti. Intanto il governo ha appena stanziato 338 milioni di euro per iniziare una ancora troppo confusa opera di riqualificazione dell'area. Purtroppo, a questo punto, non c'è più tempo per esitare, bisogna farlo subito. Altrimenti Taranto sarà come una polveriera in grado di deflagrare con effetti a catena su tutto il territorio nazionale.
Per approfondimenti dell'ultim'ora:
RepubblicaCorriere della Sera - Ansa - LaStampa

25 luglio 2012

Il ricatto occupazionale dell'Ilva di Taranto

E' l'apoteosi del ricatto occupazionale: sul campo ci sono ambientalisti e lavoratori. Salvo poi accorgersi che gli uni e gli altri sono, in realtà, due facce della stessa medaglia. Siamo infatti sicuri che i primi non vogliono una dismissione dell'Ilva di Taranto che abbia come conseguenza costi altissimi per i lavoratori; d'altro canto, gli stessi dipendenti, che in queste ore stanno occupando per protesta la Via Appia, chissà cosa non pagherebbero per vivere e lavorare invece in un territorio salubre. E allora dov'è l'inghippo? Il vero corto circuito della questione jonica è politico, come al solito. Da parte sua la magistratura sta pericolosamente esitando nella pronunzia sulla scabrosa e incendiaria possibilità di esigere con un provvedimento di sequestro la chiusura della famosa "area a caldo" degli impianti e la popolazione tarantina, intanto, aspetta indolente l'ennesima decisione che verrà adottata sulla sua testa Si comprenda a questo punto che qui è in gioco la vita, quella vera, quella che si respira e che coinvolge lo stesso senso di continuare ad abitare quella terra tanto maltrattata. Non ci spieghiamo il perchè di questa lentezza del giudice incaricato dell'incombenza; cosa si sta aspettando? In un senso o nell'altro, sarebbe meglio che questa situazione si sbloccasse, portando così a galla le verità nascoste, dicendole a voce chiara a tutti i tarantini. Intanto glli sciacalli si annidano negli anfratti della sofferenza  di tutti i residenti e noi che siamo qui, lontani, a scriverne vorremmo tanto stanarli e respingerli verso i loro rifugi, senza che possano continuare a terrorizzare, in un modo o nell'altro, un popolo con una dignità millenaria. Bagnoli è stata bonificata, Cornigliano pure, adesso tocca a Taranto, sperando che le autorità siano veramente competenti e disinteressate. Taranto può vivere, anzi, può rivivere anche senza l'Ilva.

Per un approfondimento su FrederickLAB:
Cos'è un'area a caldo? E' lo spazio vitale di un'acciaeria, senza il quale la produzione si fermerebbe e la stessa ragione d'essere degli impianti verrebbe meno.

I dipendenti Ilva sono 11.571; la forza lavoro dello stabilimento siderugico Ilva di Taranto ha conosciuto il suo picco di dipendenti nel 2004, quando la forza lavoro ha toccato quota 13.708. Con la crisi della siderurgia, i dipendenti diretti sono scesi a 11.571. L'Ilva di Taranto rimane lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa.
19.132 invece sono le tonnellate di materie prime; la loro lavorazione nel 2011 è tornata ai livelli del 2007 grazie ai recuperi d'efficienza dello stabilimento pugliese. (fonte Sole24ore)

30 aprile 2012

Taranto come Pittsburgh

"Taranto è una balena spiaggiata, ansima ma non si scuote", scrive su La Repubblica di oggi Antonello Caporale. 
Si tratta di una spietata raffigurazione di quello che è oggi la città di Taranto.
Una sirena morente che sta esalando l'ultimo respiro.
Eppure potrebbe accadere che, come Pittsburgh, anche Taranto viva la sua resurrezione; dalla cenere, come una fenice, potrebbe riemergere in tutta la sua bellezza e porgere un'anima nuova come catarsi di una vita sprecata nel fumo e nella disperazione per la morte dei suoi figli.
Taranto ha bisogno di un vero e proprio processo di svelenimento, così come accadde alla città di Pittsburgh che, dopo essere stata per decenni una "steel city" ed una "smoke city", decise di riaversi e mutò pelle come fanno i rettili quando cambiano l'epidermide oramai vecchia e morente.
Fotografia da https://www.blankrome.com/#splash-skip

Pittsburgh, negli anni quaranta del ventesimo secolo, era una città che non respirava più.  Il fumo dovuto all'insana lavorazione del suo carbone bituminoso spingeva a terra l'ossigeno da respirare e lo schiacciava fino ad annientarlo. Le sue strade erano illuminate anche di giorno, perchè il fumo le oscurava e le avvolgeva in una coltre d'inquinamento. Pittsburgh stava per morire ed i suoi cittadini erano le vittime predestinate e silenti di una simile condanna; proprio come i tarantini di oggi.
Ma arrivò un bel giorno un nuovo sindaco, David Lawrence, che aveva idee rivoluzionarie in materia ambientale. In quegli anni di crescita economica e di conflitto bellico, chiunque abbozzasse una sola idea che potesse anche solo rallentare il ciclo della produzione patriottica, veniva considerato un pazzo. Ma David Lawrence non se ne curò e, ponendo le basi per l'emanazione del primo "Clean Air Act", trasformò la città più inquinata del mondo di allora in un splendido esempio di riconversione della politica delle ciminiere in green economy, bonificando gli insediamenti siderurgici e trasformando l'area industriale in una sorta di serra ecologica, ripulendo il cielo dai gas tossici e ridando vita ad una popolazione in fin di vita.
Tutto ciò è possibile anche per Taranto; dimostrare che si può superare la morsa del ricatto lavoro-salute, ossia creare posti di lavoro a dispetto della chiusura dello stabilimento siderurgico, tutto ciò si può fare vincendo le pressioni serrate dei potentati economici e dimostrando loro che il lavoro non viene generato soltanto dalla produzione siderurgica, ma può e deve dipendere da un rinnovamento, anche culturale, della classe dirigente. 
Taranto ha mille risorse da offrire e da far valere sul piatto della competitività; si può vivere senza l'Ilva, si può vivere senza le ciminiere, si può vivere senza diossina. 
Soltanto il taglio degli armamenti ed il risparmio energetico potrebbero da solo generare 2.000.000 di posti di lavoro fino al 2020; la destinazione di uno solo dei quindici miliardi che serviranno invece ad acquistare dei caccia F35 (a che ci serviranno?) sarebbe decisiva per il problema della bonifica dell'area siderurgica jonica. Non solo, Taranto potrebbe puntare felicemente ed autonomamente anche sulla sua posizione geografica, sulla ricchezza biologica del mare e sulla cultura. Perchè, non dimentichiamolo, Taranto ha in seno l'embrione per poter divenire polo universitario d'eccellenza sia nel campo umanistico che in quello scientifico.
Proprio come è accaduto a Pittsburgh.
Ci sarebbe bisogno almeno di un altro David Lawrence; intanto, fra qualche giorno a Taranto verrà eletto il nuovo Sindaco.

11 marzo 2012

NO CHAT please!

Niente chiacchiere, i dati sono dati e quello che sta accadendo a Taranto è il disastro ambientale più grave di tutta la storia italiana. 
Se ne parla di sfuggita, come se fosse meglio accantonare l'argomento in un andito lontano ed irraggiungibile.
Non è un argomento abbastanza mediatico? 
Le morti non sono mediatiche quando sono silenziose e quando colpiscono persone qualunque. 
Taranto non è soltanto Avetrana.



In cinquant'anni di storia dell'Ilva di Taranto si contano:
180 morti sul lavoro.
8.000 invalidi
20.000 morti di cancro e leucemia
1.600 capi di bestiame abbattuti nelle aree circostanti allo stabilimento siderurgico
3 volte più alto il livello di diossina fissato per legge come tollerabile nel formaggio locale  
90% di diossina prodotta in Italia viene emessa dall'Ilva di Taranto (fonte INES)
7 le sigarette al giorno fumate dai bimbi di Taranto, solamente respirando.
0,4 nanogrammi: livelo europeo ammesso di diossina. Taranto: da 4 a 8 nanogrammi.

Solo numeri, o anche la nostra vita?

NO CHAT. RespiriAMO.

Links da consultare
Corriere del Giorno
http://comitatopertaranto.blogspot.com/
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/27651.html
Ecodallecittà
INES INVENTARIO NAZIONALE EMISSIONI E SORGENTI

26 febbraio 2012

Le magliette anti-diossina del Taranto vengono vietate: "Sono di stampo politico!"

La maglietta incriminata
Prima della partita svoltasi ieri pomeriggio tra Taranto e Ternana, le due squadre al vertice del campionato di 1° Divisione Girone A della LegaPro, è accaduto un fatto a dir poco incredibile. I tifosi del Taranto, troppo spesso tacciati d'essere turbolenti e fanatici, hanno dimostrato di amare la propria città a prescindere dai patemi calcistici e di essere dotati di una sensibilità collettiva fuori del comune, tentando di far indossare ai propri beniamini una maglietta su cui campeggiava in primo piano la scritta "respiriAMO Taranto". Sarebbe servito a denunciare l'insostenibile tasso d'inquinamento che attanaglia i cieli e l'aria della città jonica a causa della scriteriata politica industriale degli ultimi quarant'anni e che, come abbiamo già detto in uno dei post precedenti, ha provocato malattie tumorali da fumo soprattutto nei bambini residenti in prossimità degli stabilimenti siderurgici dell'Ilva. 
Ebbene, prima della partita è giunto il "niet" delle autorità, che hanno freddamente considerato l'iniziativa come una esternazione di stampo politico e, per questo, vietata durante le competizioni agonistiche. 
A parte il fatto che, seppure fosse, siamo vivaddio in una democrazia e qualsiasi opinione, non violenta e razzista, deve essere garantita in primis proprio dalle istituzioni, sotto qualsiasi forma si presenti. 
Invece no, in un paese dove le baggianate sono accreditate come autorevolezza ed i nani e le ballerine sono autorizzati ad esibirsi davanti a spettatori indolenti e rassegnati, il grido disperato di una città che non respira più e che vede morire i propri figli soffocati dai fumi velenosi di un'industria che l'ha fagocitata, non viene sentito da nessuno.
Intanto Taranto soffoca.


Proibita la maglia anti-diossina ai tifosi del Taranto.
Da TerniMagazine

23 febbraio 2012

Il respiro di Taranto - Diossina a pieni polmoni




Il cielo è azzurro a Taranto. Sempre, anche quando piove. Dai balconi larghi come terrazze, l’azzurro appare terso e profondo, si confonde col mare, ch’è una tavola spianata. Sempre, anche quando è crespo. A metà del lungo viale costiero, ritmato da verdi e antiche palme, si apre una grande rotonda bianca, come la tolda di una vecchia nave, vuota e spicciola, bordeggiata da forti lampioni di ferro sovrastati ognuno da quattro sfere luminose. Affacciandosi dalla ringhiera o seduti su una delle panchine piatte senza spalliera, ci si convince di essere davanti ad un dipinto. Qui le albe ed i tramonti colorano l’orizzonte con pennellate sfumate, tutto in un gioco di luci che non si dimentica; ma si può anche ascoltare il rumore dell’acqua che timida s’infrange sui bastioni.  I nonni coi nipotini sui pattini la usano da sempre come pista di riciclo e i chioschetti ambulanti spinti a pedali offrono granite e gelati dal sapore antico.
Chi nasce e vive a Taranto porta sempre con sé quel profumo e quel trionfo di riflessi, conosce bene il rumore di quelle onde, cerca in ogni dove lo specchio di queste sensazioni, senza trovarle e disperandosene per tutta la vita, sa bene che la sua città soffre per tanti motivi e si strugge per questo, soffrendo insieme a lei senza via di scampo, si accorge che la sua città non respira più ed egli stesso ansima con grande affanno temendo di morirne.
Chi è nato ed è andato via da Taranto vive un doloroso ricordo ed ogni momento dell’infanzia tarantina, anche nell’emigrante più emancipato, rivive nella sua nostalgia greve ed amorevole.
Ma Taranto sta diventando rossa.
Da anni Taranto sta diventando rossa, perché rossa è la polvere che scende clandestina sulle teste dei bambini e infida s’insinua nelle narici deboli dei vecchi, avvelenando i polmoni di tutti. Quella polvere che precipita come pioggia invisibile, non bagna, però entra nelle case, dalle finestre, dai comignoli e dai portoni. Quella polvere si chiama diossina ed è vento trasparente di metallo, nebbia quotidiana ed insana, ospite indesiderato in una città silente che incassa indolente i duri colpi che le vengono inferti.
E’ difficile stabilire un nesso causale tra le emissioni dell’Ilva e le malattie tumorali sviluppatesi in maniera esponenziale a Taranto, difficile individuare le responsabilità penali. Ma a Taranto è iniziata un’era nuova; sulla scorta probabilmente anche di quanto avvenuto con la storica sentenza “eternit” di Torino, adesso anche la magistratura jonica sta tentando di praticare la strada dell’accertamento epidemiologico. E’ ciò che stanno verificando tre esperti nominati consulenti dal Gip del Tribunale tarantino, che dovranno depositare a breve i risultati del loro lavoro nell’ambito dell’incidente probatorio richiesto dalla Procura. In tanti sperano che in quelle carte, in quei dati, vi sia la giustizia che tutti ci attendiamo e che rivendicano a piena voce i parenti dei bambini morti per tumore da fumo in quel quartiere Tamburi sviluppatosi per decenni, senza che nessuno mai alzasse un dito per impedirlo, proprio a ridosso dello stabilimento siderurgico diventandone una sorta di appendice dormitorio.
FrederickLAB seguirà questa vicenda e ne pubblicherà puntualmente gli aggiornamenti.
Questo perché speriamo che Taranto ritorni a respirare.
 Qui alcuni links utili a documentarsi sull'argomento.