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24 luglio 2012

Unioni omosessuali: la beffa dei costituenti.

La questione delle nozze tra persone omosessuali sta alzando il livello di acidità del trito e ritrito dibattito all'interno della sinistra. Si fa a gara a chi la spara più grossa e si perde il lume dei problemi reali. Verrebbe quasi il dubbio che tutto ciò fosse artatamente preordinato proprio per sfasciare quello che si presenta già come un rottame. Come non essere d'accordo con "Il fatto Quotidiano" quando parla del PD come di un partito che "si dimena tra singulti di clericalismo spinto e retaggi del passato comunista". Rosy Bindi, dal canto suo, dice che il matrimonio tra omosessuali è anticostituzionale; dice anche di non considerarli "incivili". Questa gentile e onesta signora ricorda fermamente che è stata lei che ha dato forza alla battaglia per la legittimazione delle unioni civili. Sarà, ma se adesso oppone una forza eguale e contraria, allora il risultato ottenuto è nullo. Quello che non si riesce a capire, ragionando ed impegnandoci a fondo, è dove sia il contrasto con la Costituzione; eppure l'art. 3 della Carta parla chiaro. Forse la Bindi si riferisce all'art. 29, dove si stabilsce che "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio." Dove il termine "naturale" sarebbe stato scelto dai costituenti proprio per contastare le unioni non eterosessuali. Si dimentica però che la Costituzione venne scritta alla fine degli anni quaranta, appena terminato il conflitto mondiale, in un'epoca cioè in cui usi, costumi, consuetudini e comune sentire erano profondamente differenti da quelli del ventunesimo secolo; in quegli anni non si poneva neanche lontanamente il problema dei matrimoni tra gay (ammesso che si tratti di un problema). L'Assemblea Costituente era un consesso composto da realtà eterogenee, un misto tra laici e cattolici, tra moderati e libertari, tra socialisti, comunisti ed anticomunisti, tutti insieme per il bene ed il fine comune: quello di disegnare una strada agevole al nuovo Stato che scalciava e sgambettava come un neonato. Ora, che il termine "naturale" volesse indicare che il matrimonio fosse da essere solo quello tra uomo e donna, imprimendo così alla questione una incontrovertibile ed univoca valenza di tipo religioso, ci sembra alquanto esagerato, dati i tempi e le problematiche ben più pressanti disposte ed allineate allora sul tavolo dei padri costituenti. Bisognava ricostruire un paese distrutto ed umiliato, ridare speranza e offrire braccia e mani per aiutare a rialzarsi coloro che erano a terra, figurarsi se cotanti uomini avrebbero perso del tempo prezioso per argomenti diversi e, diciamocelo chiaramente, secondari. Dunque cosa fecero? Scrissero l'incipit dell'art. 29, strizzando abilmente l'occhio sia ai progressisti che ai cattolici ortodossi, semplicemente utilizzando in maniera quasi enigmistica la parola "naturale" e, quindi, demandando la soluzione dell'arcano a futura memoria. Della serie:" cavoli vostri, cari nipotini del prossimo secolo, noi dobbiamo pensare ad altro". E' la solita questione della costituzione formale e di quella materiale, ossia di una carta costituzionale che andava attuata negli anni a venire; ciò che, ahinoi, non è ancora avvenuto per la maggior parte del dettato. Una Costituzione, insomma, a futura memoria. 
Vogliamo discutere adesso del significato proprio, nell'anno domini 2012, dell'aggettivo "naturale"? Crediamo che le battaglie per i diritti civili della seconda metà del ventesimo secolo abbiano forgiato il sentimento di intere comunità, e spacciare l'unione eterosessuale come l'unica possibile anche a livello di garanzie costituzionali significherebbe far arretrare repentinamente il grado di civiltà raggiunto, attraverso un gigantesco passo all'indietro nel passato, affondando nel più becero bacchettonismo. Qui non si parla di matrimoni religiosi, ché non si porrebbe neanche il problema, almeno per adesso; bensì di garantire la realizzazione e la legittima ricerca della felicità da parte di due esseri umani nelle forme da loro liberamente scelte, senza che ciò possa ledere diritti altrui. Vuol dire legittimare anche a livello giuridico una innegabile situazione di fatto, una unione di fatto, una coppia di fatto; darle cioè la possibilità di emergere dignitosamente dal nero e dal buio della clandestinità, offrirle un respiro ed un giusto spazio nella società. 
Che sia questo, e solamente questo, il senso precursore della parola "naturale" espresso dai padri costituenti il 22 dicembre 1947?