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27 luglio 2012

Operai e marinai, Taranto città chiusa

Taranto è da ieri una città isolata; gli operai che da hanno deciso di abbandonare gli impianti dell'Ilva (a proposito, qual è il danno economico in corso a causa del fermo dell'acciaieria?) per riversarsi come una fiumana verso la città salvo poi ritornare sull'Appia bloccandone tutti gli accessi e le vie d'uscita, sono una selva di tute blu, tanti Cipputi del ventunesimo secolo. Non sono arrabbiati, forse perchè non si rendono ancora conto del rischio che stanno correndo, semplicemente si spostano spaesati da un punto all'altro, senza seguire apparentemente logiche e indirizzi specifici. Il tempo della strategia non è ancora arrivato, verrà anche quello purtroppo e saranno dolori. Chi è cresciuto a Taranto non si ricorda di una simile situazione nel passato, l'Ilva è sempre stata una certezza, come la presenza della Marina Militare. Operai e marinai, questa è stata Taranto per cinquant'anni, fagocitata dalla voracità dei boiardi e assurta quasi inconsapevolmente a regina europea dell'acciao;per carità, lavoro per tutti, ma con quale sacrificio? La perizia dell'Arpa sulla quale si basa le decisione del gip Patrizia Todisco afferma che, dal 1994 ad oggi, vi sono state 84 morti accertate nosologicamente ogni anno come effetto dell'inquinamento emesso dalle ciminiere dell'Ilva; ciò vuol dire che, ad oggi, vi sono almeno 1512 persone decedute per colpa della diossina, o dell'amianto, o dei fumi velenosi dell'Ilva. E parliamo soltanto degli ultimi diciotto anni; mettiamo pure che la cifra rilevata scientificamente dall'Arpa sia approssimativa e poniamo che vi sia almeno un trenta per cento in più (per rimanere bassi) di morti non ricollegabili, vorrebbe dire che a Taranto vi è stata una vera e propria strage di innocenti negli ultimi cinquant'anni. Adesso è iniziato il pagamento tardivo di un conto scellerato da parte di chi ha guidato l'azienda dal 1994; solo perchè i democristiani delle partecipazioni statali che vollero, in tempi non sospetti, la nascita di questo polo industriale nel cuore della terra jonica, provocandone il sotterramento dei tesori archeologici e l'emarginazione delle bellezze naturali, obbedendo solamente a logiche di profitto individuale e clientelare, non ci sono più ed hanno lasciato bellamente ai posteri questa pesante eredità. Bisognerà uscirne, è giunto il momento della verità, nessuno pensava che arrivasse e, all'italiana, si aspettava che il cadavere andasse in putrefazione. 
Su tavolo della trattativa che dovrà per forza di cose instaurarsi peseranno questi morti e peserà la vita di tutti i nuclei familiari coinvolti, e peserà infine la lobby ambientalista, quella dei bonificatori dell'ultima ora. Operai e marinai, ormai una storia del passato.

La perizia epidemiologica / estratto del documento
Alle 17, 30 di oggi 27 lug 2012, in via Duomo a Taranto, Bruno Ferrante a.d. dell'Ilva terrà una conferenza stampa sul tema
Corriere del Giorno: La rabbia degli operai. Il lavoro non si tocca.
Corriere del Giorno: Taranto, blocchi stradali.
SkyTG24: una decisione sofferta
Ilfattoquotidiano

25 luglio 2012

Il ricatto occupazionale dell'Ilva di Taranto

E' l'apoteosi del ricatto occupazionale: sul campo ci sono ambientalisti e lavoratori. Salvo poi accorgersi che gli uni e gli altri sono, in realtà, due facce della stessa medaglia. Siamo infatti sicuri che i primi non vogliono una dismissione dell'Ilva di Taranto che abbia come conseguenza costi altissimi per i lavoratori; d'altro canto, gli stessi dipendenti, che in queste ore stanno occupando per protesta la Via Appia, chissà cosa non pagherebbero per vivere e lavorare invece in un territorio salubre. E allora dov'è l'inghippo? Il vero corto circuito della questione jonica è politico, come al solito. Da parte sua la magistratura sta pericolosamente esitando nella pronunzia sulla scabrosa e incendiaria possibilità di esigere con un provvedimento di sequestro la chiusura della famosa "area a caldo" degli impianti e la popolazione tarantina, intanto, aspetta indolente l'ennesima decisione che verrà adottata sulla sua testa Si comprenda a questo punto che qui è in gioco la vita, quella vera, quella che si respira e che coinvolge lo stesso senso di continuare ad abitare quella terra tanto maltrattata. Non ci spieghiamo il perchè di questa lentezza del giudice incaricato dell'incombenza; cosa si sta aspettando? In un senso o nell'altro, sarebbe meglio che questa situazione si sbloccasse, portando così a galla le verità nascoste, dicendole a voce chiara a tutti i tarantini. Intanto glli sciacalli si annidano negli anfratti della sofferenza  di tutti i residenti e noi che siamo qui, lontani, a scriverne vorremmo tanto stanarli e respingerli verso i loro rifugi, senza che possano continuare a terrorizzare, in un modo o nell'altro, un popolo con una dignità millenaria. Bagnoli è stata bonificata, Cornigliano pure, adesso tocca a Taranto, sperando che le autorità siano veramente competenti e disinteressate. Taranto può vivere, anzi, può rivivere anche senza l'Ilva.

Per un approfondimento su FrederickLAB:
Cos'è un'area a caldo? E' lo spazio vitale di un'acciaeria, senza il quale la produzione si fermerebbe e la stessa ragione d'essere degli impianti verrebbe meno.

I dipendenti Ilva sono 11.571; la forza lavoro dello stabilimento siderugico Ilva di Taranto ha conosciuto il suo picco di dipendenti nel 2004, quando la forza lavoro ha toccato quota 13.708. Con la crisi della siderurgia, i dipendenti diretti sono scesi a 11.571. L'Ilva di Taranto rimane lo stabilimento siderurgico più grande d'Europa.
19.132 invece sono le tonnellate di materie prime; la loro lavorazione nel 2011 è tornata ai livelli del 2007 grazie ai recuperi d'efficienza dello stabilimento pugliese. (fonte Sole24ore)

30 aprile 2012

Taranto come Pittsburgh

"Taranto è una balena spiaggiata, ansima ma non si scuote", scrive su La Repubblica di oggi Antonello Caporale. 
Si tratta di una spietata raffigurazione di quello che è oggi la città di Taranto.
Una sirena morente che sta esalando l'ultimo respiro.
Eppure potrebbe accadere che, come Pittsburgh, anche Taranto viva la sua resurrezione; dalla cenere, come una fenice, potrebbe riemergere in tutta la sua bellezza e porgere un'anima nuova come catarsi di una vita sprecata nel fumo e nella disperazione per la morte dei suoi figli.
Taranto ha bisogno di un vero e proprio processo di svelenimento, così come accadde alla città di Pittsburgh che, dopo essere stata per decenni una "steel city" ed una "smoke city", decise di riaversi e mutò pelle come fanno i rettili quando cambiano l'epidermide oramai vecchia e morente.
Fotografia da https://www.blankrome.com/#splash-skip

Pittsburgh, negli anni quaranta del ventesimo secolo, era una città che non respirava più.  Il fumo dovuto all'insana lavorazione del suo carbone bituminoso spingeva a terra l'ossigeno da respirare e lo schiacciava fino ad annientarlo. Le sue strade erano illuminate anche di giorno, perchè il fumo le oscurava e le avvolgeva in una coltre d'inquinamento. Pittsburgh stava per morire ed i suoi cittadini erano le vittime predestinate e silenti di una simile condanna; proprio come i tarantini di oggi.
Ma arrivò un bel giorno un nuovo sindaco, David Lawrence, che aveva idee rivoluzionarie in materia ambientale. In quegli anni di crescita economica e di conflitto bellico, chiunque abbozzasse una sola idea che potesse anche solo rallentare il ciclo della produzione patriottica, veniva considerato un pazzo. Ma David Lawrence non se ne curò e, ponendo le basi per l'emanazione del primo "Clean Air Act", trasformò la città più inquinata del mondo di allora in un splendido esempio di riconversione della politica delle ciminiere in green economy, bonificando gli insediamenti siderurgici e trasformando l'area industriale in una sorta di serra ecologica, ripulendo il cielo dai gas tossici e ridando vita ad una popolazione in fin di vita.
Tutto ciò è possibile anche per Taranto; dimostrare che si può superare la morsa del ricatto lavoro-salute, ossia creare posti di lavoro a dispetto della chiusura dello stabilimento siderurgico, tutto ciò si può fare vincendo le pressioni serrate dei potentati economici e dimostrando loro che il lavoro non viene generato soltanto dalla produzione siderurgica, ma può e deve dipendere da un rinnovamento, anche culturale, della classe dirigente. 
Taranto ha mille risorse da offrire e da far valere sul piatto della competitività; si può vivere senza l'Ilva, si può vivere senza le ciminiere, si può vivere senza diossina. 
Soltanto il taglio degli armamenti ed il risparmio energetico potrebbero da solo generare 2.000.000 di posti di lavoro fino al 2020; la destinazione di uno solo dei quindici miliardi che serviranno invece ad acquistare dei caccia F35 (a che ci serviranno?) sarebbe decisiva per il problema della bonifica dell'area siderurgica jonica. Non solo, Taranto potrebbe puntare felicemente ed autonomamente anche sulla sua posizione geografica, sulla ricchezza biologica del mare e sulla cultura. Perchè, non dimentichiamolo, Taranto ha in seno l'embrione per poter divenire polo universitario d'eccellenza sia nel campo umanistico che in quello scientifico.
Proprio come è accaduto a Pittsburgh.
Ci sarebbe bisogno almeno di un altro David Lawrence; intanto, fra qualche giorno a Taranto verrà eletto il nuovo Sindaco.

11 marzo 2012

NO CHAT please!

Niente chiacchiere, i dati sono dati e quello che sta accadendo a Taranto è il disastro ambientale più grave di tutta la storia italiana. 
Se ne parla di sfuggita, come se fosse meglio accantonare l'argomento in un andito lontano ed irraggiungibile.
Non è un argomento abbastanza mediatico? 
Le morti non sono mediatiche quando sono silenziose e quando colpiscono persone qualunque. 
Taranto non è soltanto Avetrana.



In cinquant'anni di storia dell'Ilva di Taranto si contano:
180 morti sul lavoro.
8.000 invalidi
20.000 morti di cancro e leucemia
1.600 capi di bestiame abbattuti nelle aree circostanti allo stabilimento siderurgico
3 volte più alto il livello di diossina fissato per legge come tollerabile nel formaggio locale  
90% di diossina prodotta in Italia viene emessa dall'Ilva di Taranto (fonte INES)
7 le sigarette al giorno fumate dai bimbi di Taranto, solamente respirando.
0,4 nanogrammi: livelo europeo ammesso di diossina. Taranto: da 4 a 8 nanogrammi.

Solo numeri, o anche la nostra vita?

NO CHAT. RespiriAMO.

Links da consultare
Corriere del Giorno
http://comitatopertaranto.blogspot.com/
http://www.tarantosociale.org/tarantosociale/a/27651.html
Ecodallecittà
INES INVENTARIO NAZIONALE EMISSIONI E SORGENTI

23 febbraio 2012

Il respiro di Taranto - Diossina a pieni polmoni




Il cielo è azzurro a Taranto. Sempre, anche quando piove. Dai balconi larghi come terrazze, l’azzurro appare terso e profondo, si confonde col mare, ch’è una tavola spianata. Sempre, anche quando è crespo. A metà del lungo viale costiero, ritmato da verdi e antiche palme, si apre una grande rotonda bianca, come la tolda di una vecchia nave, vuota e spicciola, bordeggiata da forti lampioni di ferro sovrastati ognuno da quattro sfere luminose. Affacciandosi dalla ringhiera o seduti su una delle panchine piatte senza spalliera, ci si convince di essere davanti ad un dipinto. Qui le albe ed i tramonti colorano l’orizzonte con pennellate sfumate, tutto in un gioco di luci che non si dimentica; ma si può anche ascoltare il rumore dell’acqua che timida s’infrange sui bastioni.  I nonni coi nipotini sui pattini la usano da sempre come pista di riciclo e i chioschetti ambulanti spinti a pedali offrono granite e gelati dal sapore antico.
Chi nasce e vive a Taranto porta sempre con sé quel profumo e quel trionfo di riflessi, conosce bene il rumore di quelle onde, cerca in ogni dove lo specchio di queste sensazioni, senza trovarle e disperandosene per tutta la vita, sa bene che la sua città soffre per tanti motivi e si strugge per questo, soffrendo insieme a lei senza via di scampo, si accorge che la sua città non respira più ed egli stesso ansima con grande affanno temendo di morirne.
Chi è nato ed è andato via da Taranto vive un doloroso ricordo ed ogni momento dell’infanzia tarantina, anche nell’emigrante più emancipato, rivive nella sua nostalgia greve ed amorevole.
Ma Taranto sta diventando rossa.
Da anni Taranto sta diventando rossa, perché rossa è la polvere che scende clandestina sulle teste dei bambini e infida s’insinua nelle narici deboli dei vecchi, avvelenando i polmoni di tutti. Quella polvere che precipita come pioggia invisibile, non bagna, però entra nelle case, dalle finestre, dai comignoli e dai portoni. Quella polvere si chiama diossina ed è vento trasparente di metallo, nebbia quotidiana ed insana, ospite indesiderato in una città silente che incassa indolente i duri colpi che le vengono inferti.
E’ difficile stabilire un nesso causale tra le emissioni dell’Ilva e le malattie tumorali sviluppatesi in maniera esponenziale a Taranto, difficile individuare le responsabilità penali. Ma a Taranto è iniziata un’era nuova; sulla scorta probabilmente anche di quanto avvenuto con la storica sentenza “eternit” di Torino, adesso anche la magistratura jonica sta tentando di praticare la strada dell’accertamento epidemiologico. E’ ciò che stanno verificando tre esperti nominati consulenti dal Gip del Tribunale tarantino, che dovranno depositare a breve i risultati del loro lavoro nell’ambito dell’incidente probatorio richiesto dalla Procura. In tanti sperano che in quelle carte, in quei dati, vi sia la giustizia che tutti ci attendiamo e che rivendicano a piena voce i parenti dei bambini morti per tumore da fumo in quel quartiere Tamburi sviluppatosi per decenni, senza che nessuno mai alzasse un dito per impedirlo, proprio a ridosso dello stabilimento siderurgico diventandone una sorta di appendice dormitorio.
FrederickLAB seguirà questa vicenda e ne pubblicherà puntualmente gli aggiornamenti.
Questo perché speriamo che Taranto ritorni a respirare.
 Qui alcuni links utili a documentarsi sull'argomento.