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01 aprile 2020

Epistola nr. 2 - Lettera ad un amico ai tempi del Corona-virus.

Magritte - Il maestro di scuola -1955 (da sitosophia.org)
Mio caro amico Elliot, ti scrivo da un posto molto lontano e non so quando potrò rifarlo. Le giornate quaggiù passano lentamente, in una routine che sta diventando maledettamente noiosa. Probabilmente non riesco a renderti l'idea di ciò che stiamo vivendo noi tutti, è una situazione nuova; non c'è gente in giro, non ci sono macchine, niente rumori, siamo come sospesi e ci affanniamo ognuno a respirare limitandoci ad una ideale porzione di aria, come se non ce ne fosse abbastanza per tutti. Camminiamo per le strade, solo quei pochi che possono permettersi di uscire, quasi nascondendoci, appiattendoci ai muri per non dare troppo nell'occhio e sgusciando intorno agli angoli come bisce silenziose. Quando ci capita d'incrociare qualcun altro, facciamo di tutto per allontanarcene percorrendo vie traverse, ma allo stesso tempo volgiamo timidamente il nostro sguardo verso di lui, dapprima vergognandoci del gesto, poi con un'occhiata di commiserazione pretendendo anche la sua indulgenza.  Ognuno di noi è convinto di poter riuscire a proteggersi dal contagio del virus, e come se professasse la propria innocenza davanti ad un tribunale, procede convinto che i colpevoli siano tutti gli altri. In realtà è talmente labile la linea di confine del contagio che siamo tutti probabilmente già ammalati senza saperlo, restando appesi al filo della casualità che sceglie chi possa continuare a star bene, chi debba patire le sofferenze della malattia, chi invece sia destinato a morire. E' diventato arduo perfino comprare il cibo, bisogna affrontare ore di coda per entrare nei negozi , distanziandosi gli uni dagli altri. Fino a poco tempo fa avremmo detto: "come gli appestati". Ecco amico mio, mi sento tanto impotente dinanzi a tutto questo, mi pare che una saetta abbia colpito il mondo intero squarciando le vite dei suoi abitanti, E, tu che puoi farlo, perché non mi descrivi cosa riesci ad osservare dal tuo ritiro? Sai, sono spuntate bandiere nazionali dappertutto, la gente si affaccia dai balconi ad un'ora prestabilita e si mette a cantare, come se volesse lanciare un'invocazione di aiuto al mondo intero. Non so chi abbia detto ultimamente che non si può vivere da soli, perché in questo momento difficile vogliamo in effetti condividere con gli altri un dolore sconosciuto che abbiamo dentro, quasi a ripartirlo in miriadi porzioni e sperando che si diradi gradualmente come polvere nel mondo. E invece non è così, perché il dolore c'è, e persiste nelle nostre coscienze, non vuole andarsene e ci ha reso consapevoli della materia cruda di cui siamo fatti e della volatilità delle nostre esistenze. T'immagino mentre leggi queste mie parole che ti parranno stridenti con la mia solita impostazione materialista, t'immagino mentre sorridi e ripensi a quando mi definivi "un relativista impenitente". Ma lo sono ancora amico mio, tuttavia devo riconoscere che quando accadono certi avvenimenti che investono l'umanità senza troppe distinzioni sociali ed economiche, l'uomo è portato naturalmente a riflettere sul senso di ogni cosa e ciò evidentemente sta capitando anche ad un pragmatico come me. E' stato detto che è la verità ciò che ci unisce e credo di essere d'accordo perché è l'unica a non tradire mai. Credo che questi giorni surreali ci stiano insegnando a rallentare l'andatura ecome recita il titolo di un romanzo sentimentale che ho letto da poco (si, proprio così, sentimentale, sto invecchiando anch'io), portando a sperimentare la precarietà del mondo sempre più da vicino. Alla fine di tutto questa specie di test ci avrà cambiato irreversibilmente, facendoci diventare degli uomini nuovi. In una delle prossime lettere magari ti spiego la mia idea di uomo nuovo e di vita possibile, argomenti di cui tu adesso potresti svelarmi i segreti; non vedo l'ora di conoscere il tuo pensiero. Ma ora non voglio più annoiarti, so che hai da sbrigare delle faccende impellenti, ma ti prometto che presto ci risentiremo in qualche maniera, e poi comunque non ti ho scritto questa lettera per allarmarti caro Elliot, ma solo per informarti di quello che sta succedendo dalle mie parti da un mese a questa parte. Così almeno non potrai burlarti di me quando mi vedrai più torvo ed accigliato del solito in qualche immagine pescata chissà come e chissà dove in un angolo remoto dell'etere.