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11 gennaio 2023

Breve riflessione sulla democrazia.

Arriva il momento in cui una anche una grande forza incontra una forte resistenza e succede quando si avvicina al punto di rottura. La forza del regime iraniano sta incontrando la resistenza dei suoi stessi figli ed il sistema tutto sta oscillando pericolosamente come una nave in mezzo alla tempesta. Quel totalitarismo che implica una identificazione estrema tra società e religione, che contempla l'ayatollah come leader carismatico facendo leva sulla pressante pressione ideologica ai danni della popolazione, che nega ogni forma di pluralismo democratico, adesso vacilla rischiando d'implodere. Se ci pensiamo bene, è quanto accade a tutti i totalitarismi, che svelano ad un certo punto della loro storia la malcelata incapacità di resistere all'istinto sociale dell'uomo che vuole infine tornare ad essere libero. Accade dopo anni, decenni, anche secoli, ma non c'è scampo. La democrazia invece, pur con le sue debolezze ed imperfezioni a volte insanabili, ha il pregio della indispensabilità. Se dittatura vuol dire ordine (forzato) e consenso di massa, quando l'autorità non è più in grado di garantire il controllo ed il benessere incontrastato delle sue èlite, natura vuole che si sprigionino le forze finora costrette dai lacci del regime. E  come un naufrago che stava annegando riesce, pur annaspando, a riemergere per poter respirare, così sopravviene l'istinto di sopravvivenza di una popolazione e dei singoli individui che dapprima confusamente e poi sempre più razionalmente spezzano il potere dello stato cosituito. 

Questa è la democrazia: un grande respiro dopo aver rischiato di annegare.

08 gennaio 2023

Il rapporto annuale di Iran human Rights Monitor.

 Riportiamo integralmente il rapporto annuale di Iran human Rights Monitor.

11 Dicembre 2022 : 

Rapporto Annuale di Iran Human Rights Monitor
In occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani, Iran Human Rights Monitor pubblica il suo rapporto annuale. La primissima Carta dei Diritti Umani fu scritta da Ciro il Grande nel 538 a.C.
Simboleggia anche la grande civiltà dell'Iran. In un'epoca in cui i re amavano uccidere, saccheggiare e conquistare, Ciro il Grande fondò il suo impero sulla pace e sulla giustizia. In questa iscrizione Ciro parla della libertà di adorare gli dei e della libertà dell'umanità, segnando i suoi valori umanistici.
Nonostante questa eredità, il popolo iraniano attualmente è governato da un regime repressivo.
Le informazioni fornite in questo rapporto riflettono una piccola parte della realtà in Iran.
La censura e la mancanza di trasparenza, così come l'assenza di organizzazioni indipendenti per i diritti umani all’interno del paese, rendono molto difficile l'accesso ai dati necessari.
Esecuzioni in Iran
L'Iran ha il più alto tasso di esecuzione pro capite al mondo. Detiene questo record da 43 anni.
Il forte aumento delle esecuzioni nel 2022 rispetto al 2021 è l'ennesima violazione dei diritti umani. Nel 2021, Iran Human Rights Monitor ha riferito di almeno 366 esecuzioni effettuate nelle carceri iraniane. Alla data del 10 dicembre 2022 sono state eseguite almeno 553 esecuzioni (secondo il conteggio di Nessuno tocchi Caino sono 579).
Una volta e mezza in più rispetto allo scorso anno. Naturalmente, il numero effettivo è molto più alto e non siamo in grado di fornire una scala esatta perché molte esecuzioni in Iran vengono compiute in segreto. La maggior parte di queste esecuzioni non è stata resa nota dalla magistratura o dalle istituzioni competenti. Poiché l'identità di molti prigionieri giustiziati rimane sconosciuta, vengono chiamate esecuzioni segrete.
Oltre a utilizzare la pena di morte come punizione crudele, disumana e irreversibile, il regime iraniano ha sempre applicato le esecuzioni come strumento per intimidire e reprimere i manifestanti.
La minoranza beluca dell'Iran è particolarmente colpita dalle esecuzioni. Pur costituendo solo il 5% della popolazione dell’Iran, nel 2022 hanno costituito il 30% delle esecuzioni, 160 persone, quasi sempre per reati di droga.Almeno 160 (il 30%) delle persone giustiziate nel 2022 appartenevano alla minoranza baluca. Una minoranza che rappresenta circa il 5% della popolazione iraniana. Più della metà delle persone giustiziate sono state giustiziate per reati legati alla droga.
Divise per mesi, le esecuzioni avvenute quest’anno, tra parentesi i dati che invece risultano a Nessuno tocchi Caino.
Gennaio– 49 esecuzioni (49)
febbraio– 30 esecuzioni (27)
marzo– 44 esecuzioni (54)
aprile – 1 esecuzione (1)
maggio – 57 esecuzioni (63)
giugno– 89 esecuzioni (90)
luglio– 72 esecuzioni (75)
agosto– 54 esecuzioni (61)
settembre– 52 esecuzioni (49)
ottobre– 37 esecuzioni (37)
novembre– 54 esecuzioni (59)
dicembre (dall'1 al 10) 14 esecuzioni (14)
Dopo le proteste a livello nazionale in Iran, iniziate il 16 settembre 2022, in seguito all'assassinio di Jina (Mahsa) Amini, le forze di sicurezza dello stato hanno usato una repressione brutale e un'evidente violenza contro i manifestanti. Vediamo alti livelli di violenza usati nelle strade dell'Iran in modo tale che un numero considerevole di manifestanti è stato brutalmente picchiato, ferito o ucciso.
A seguito di approfondite indagini su ogni singolo caso, Iran Human Rights Monitor è stato finora in grado di raccogliere e verificare le prove di 35 casi che coinvolgono manifestanti che sono stati picchiati a morte con manganelli.
Il comandante delle Guardie Rivoluzionarie-IRGC afferma di utilizzare solo armi non letali per contenere le proteste. Ma le prove rivelano un nuovo livello di violenza contro manifestanti e passanti. L'obiettivo è specificamente quello di ucciderli.
I fucili usati dalle forze di stato iraniane sono solitamente i semiautomatici (cosiddetti “a pompa”) Benelli M2 oppure M4, tutti calibro 12 millimetri. Il munizionamento varia dalla palla singola, alla rosa di pallini di piccolo diametro, passando per pallini di diametro medio-grosso.
Poiché il fucile è considerata arma letale, il suo utilizzo per ordine pubblico è vietato dalle leggi e convenzioni internazionali in quanto mette in pericolo la vita di bambini, anziani e passanti che non sono direttamente coinvolti nelle proteste.
In una lettera resa pubblica il 25 novembre 2022, 140 medici oculisti hanno denunciato casi di persone ferite agli occhi da pallini di piccolo calibro che hanno perso uno o entrambe gli occhi.
Tra le vittime c'è una giovane donna, Ghazal Ranjkesh, da Bandar Abbas, una città portuale nel sud dell'Iran. Ghazal ha perso l'occhio destro per un colpo di fucile.
Questa è una violazione dell'integrità fisica dei cittadini iraniani, così come l'uso eccessivo della brutalità da parte delle forze di sicurezza.
Inoltre, nonostante le autorità iraniane affermino di non utilizzare munizioni vere, hanno ampiamente sparato proiettili da combattimento nelle città di confine, tra cui Zahedan e nelle città del Kurdistan. Di fatto, in queste zone sono riusciti a reprimere le proteste pacifiche con l'uso dei kalashnikov.
Ad oggi, durante le proteste, 110 persone sono state uccise da colpi di armi da fuoco nella provincia del Kurdistan, nell'Iran occidentale.
Nella provincia del Sistan-Baluchistan, sono almeno 128 i cittadini di etnia baluca uccisi, la maggior parte dei quali è stata uccisa tra venerdì 30 settembre 2022 e il 5 ottobre 2022 a Zahedan. Così come venerdì 4 novembre a Khash.
Il numero di manifestanti uccisi in Iran, fino a sabato 10 dicembre 2022, è di 577 persone. La cifra reale è di almeno 700 persone ma solo 577 vittime sono state certificate.
Tra loro Iran Human Rights Monitor ha registrato almeno 60 donne. Tuttavia, molte famiglie, sotto l'enorme pressione delle autorità, non sono state in grado di parlare apertamente dell'uccisione dei propri figli. Le agenzie governative hanno falsamente annunciato i nomi di alcune vittime come morte per suicidio o incidente stradale.
Queste donne sono state uccise da agenti o a colpi di arma da fuoco, o a colpi di manganello, o per pestaggio brutale.
Tra i morti anche 65 minorenni.
Ancora una volta, il numero reale è molto più alto, ma solo 65 sono quelli certificati da Iran HRM.
Oltre ai ferimenti e alle uccisioni, si stima che almeno 30.000 persone siano state arrestate, tra attivisti civili, attivisti politici, studenti e giornalisti. L'Iran non fornisce mai dati veritieri sui vari aspetti della repressione, quindi il destino dei detenuti rimane sconosciuto. Tuttavia, considerando le misure repressive e la presenza della censura, Iran HRM stima il numero di 30.000 manifestanti detenuti in Iran.
Migliaia di prigionieri anonimi vengono torturati nelle carceri iraniane. Alcuni sono stati condannati a morte e accusati di pene pesanti, senza la presenza di un avvocato di fiducia. Molti vengono torturati per fare false confessioni. Nonostante la censura, si è appreso di almeno 25 persone morte sotto tortura. Anche in questo caso, i numeri reali dovrebbero essere molto maggiori.
Attraverso le cifre rivelate dai funzionari dell'intelligence iraniana, e le notizie riportate dai media statali, si può stimare il numero di arresti.
Ahmad Alirezabeigi, un membro del parlamento, ha dichiarato che tremila persone arrestate nella provincia di Teheran nei “recenti eventi” sono state trasferite nella prigione di Fashafouyeh. La notizia è riportata dalla testata filogovernativa asriran.com il 19 ottobre 2022.
Il comandante delle Guardie rivoluzionarie nella provincia di Hamedan ha dichiarato che, grazie a Dio, le forze Basij, insieme alle forze NAJA, sono state in grado di porre fine alle rivolte grazie all’arresto di 700 persone. La notizia è riportata dalla testata filogovernativa aftabnews.ir il 6 ottobre 2022.
Secondo un rapporto riservato di Hossein Salami, comandante delle Guardie Rivoluzionarie, al leader supremo Ali Khamenei, almeno 20.000 persone sono state arrestate nelle prime due settimane di proteste. Il 42 per cento degli arrestati avrebbe meno di 20 anni.
Seyyed Jalal Hosseini, vicedirettore politico dell'Organizzazione Basij delle Guardie Rivoluzionarie, ha affermato che il 70% degli arrestati durante le recenti proteste erano giovani di età inferiore ai 20 anni. La notizia è riportata dalla testata filogovernativa aftabnews.ir il 20 ottobre 2022.
Finora la magistratura iraniana ha emesso atti d'accusa per circa 2.000 manifestanti e ha emesso condanne a morte per 39 manifestanti. La magistratura incrimina i manifestanti detenuti senza passare attraverso procedimenti legali. Nessuno dei manifestanti ha commesso un reato, e sono stati arrestati solo per aver protestato pacificamente. Tuttavia gli vengono inflitte pesanti condanne.
Nell'ultimo processo tenuto per i manifestanti arrestati a Karaj il 5 dicembre 2022, tutti i 15 imputati, compresi 3 minori, sono stati condannati per “corruzione sulla terra”. Cinque di questi imputati sono stati condannati a morte.
Il regime iraniano ha frettolosamente giustiziato il manifestante Mohsen Shekari, 23 anni, la mattina di giovedì 8 dicembre 2022 con l'accusa di Moharebeh (guerra a Dio).
Il caso delle violazioni dei diritti umani, compreso l'atroce assassinio di oltre 65 minori e adolescenti durante le proteste da parte delle Guardie rivoluzionarie di Khamenei, dovrebbe essere deferito alle Nazioni Unite, al Consiglio di sicurezza e alla Corte penale internazionale (CPI).
La comunità internazionale dovrebbe spingere per poter ispezionare le carceri e i centri di detenzione segreti, e liberare tutte le persone arrestate dal Ministero dell'Intelligence e dalle forze di sicurezza, con particolare urgenza per i minorenni, che nelle carceri sono a rischio di una varietà di minacce: droghe, molestie sessuali e contaminazioni con anomalie sociali.
Riconoscere che il popolo iraniano ha il diritto legittimo di difendersi dalle forze armate, e rivendicare la sovranità.
La comunità internazionale dovrebbe chiedere al presidente del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) e i suoi stati membri di espellere il regime misogino dalla Commissione sullo status delle donne per tutti i reati che ha commesso contro donne iraniane negli ultimi quattro decenni.
Accogliamo con favore l'istituzione dell'International Fact-Finding Board. Iran HRM invita le Nazioni Unite, l'Alto Commissario per i Diritti Umani, il Consiglio per i Diritti Umani e il Relatore Speciale sulla Situazione dei Diritti Umani in Iran, e tutte le organizzazioni per i diritti umani, ad agire immediatamente. La missione conoscitiva deve essere in grado di visitare l'Iran e indagare sulla brutale repressione e l'uccisione di manifestanti innocenti. Deve essere in grado di compiere un'azione efficace.
Gli attuali dirigenti dell’Iran, tra cui Ali Hosseini Khamenei, il presidente Ebrahim Raisi, il capo della magistratura Gholam-Hossein Mohseni-Eje'i e il presidente del parlamento Mohammad Bagher Ghalibaf, sono tutti direttamente coinvolti nelle recenti repressioni delle proteste, così come sono coinvolti direttamente in crimini simili dal 1980. Il Consiglio di sicurezza deve ritenerli responsabili e operare affinché affrontino la giustizia.

https://iran-hrm.com/2022/12/09/iran-human-rights-monitor-annual-report-2022/

 

27 dicembre 2022

Per una ciocca di capelli

Il movimento femminile di protesta che si sta sviluppando in Iran proprio in queste settimane non deve farci pensare soltanto ad un'esigenza di liberazione e di emancipazione della donna dalle catene di una religione patriarcale. Una gran parte di quelle donne che stanno coraggiosamente manifestando per le strade di Teheran è convintamente di fede musulmana; ciò che queste fantesse di libertà recriminano a pena di dolori, di perdite e della loro stessa vita, è una ricollocazione dei diritti all'interno della società islamica perché, come scrisse Condorcet nel 1790 nel suo Sur l'admission des femmes au droit de cité, le donne sono esse stesse simbolo di ineguaglianza tra gli esseri umani.

La condizione secolare di svantaggio sociale dovuta ad una presa di potere del maschio dissimulata in varie forme di tirannide di genere, spinge le donne a farsi simbolo di lotta per la libertà, comunicando attraverso messaggi di rottura che costano sangue amaro ma che sortiscono anche effetti destabilizzanti ed antisistemici. Negli ultimi cento anni la donna ha saputo inviare messaggi che non sono stati di semplice protesta, ma che hanno invece insinuato i germi di conquiste sociali prima considerate inarrivabili; e lo ha fatto servendosi di linguaggi sempre adattivi e malleabili alla contemporaneità.

Il cinema ad esempio si è fatto strumento più volte di protesta e di riscatto femminile, pensiamo ad esempio alla scena finale de La ciociara, una delle più struggenti e significative del neorealismo, in cui Cesira urla di rabbia e scaglia un sasso contro chi finge di non credere al racconto dello stupro subito dalla figlia. Una madre, ma soprattutto una donna dal coraggio smisurato che lotta contro gli abusi e le aberrazioni della guerra e che denuncia in questo caso l'orribile supremazia del corpo maschile su quello femminile.Quello che è accaduto in Iran a Mahasa Amini, colpevole di aver mostrato in pubblico un po' di capelli fuoriusciti dal velo, non è un castigo nei confronti di una ragazza che anelava alla libertà di essere donna, ma un colpo assestato alla struttura vetero confessionale dell'Iran, paese in cui l'Islam si è fatto Stato padrone rimanendo fermo negli anni come un macigno dogmatico e colpendo col terrore ogni sano impeto di cambiamento.

Mahasa Amini non è morta per un attacco cardiaco, come il governo iraniano ha impunemente voluto far credere, ma perchè massacrata dalla polizia morale di uno stato dove la moralità è decisa per partito preso. 

Mahasa Amini morendo è diventata il simbolo dell'ennesima lotta dove le uniche armi della donna sono quelle della dignità e del dolore tramite le quali l'esposizione della sofferenza rivela un ardito sentimento di emancipazione, un desiderio irrefrenabile di liberazione dai vincoli del corpo e di obbedienza al proprio marito o padre che sia. 

Quella sofferenza e quella dignità che le fanno urlare a squarciagola, proprio come Cesira, che tagliandosi una ciocca di capelli forse si può anche cambiare il mondo.

18 dicembre 2022

Quando Oriana Fallaci sfidò Khomeini.



Intervista che il 26 settembre 1979 Oriana Fallaci fece nella città santa di Qom all'Ayatollah Khomeini.
Qom (Iran) -1979 Oriana Fallaci intervista Khomeini  (fonte Corriere della Sera)
Tra il 1978 ed il 1979 l'Iran venne travolto da un'ondata rivoluzionaria contro il regime dello Scià Mohammad Reza Pahlavi, che alla fine fu costretto alla fuga dalle forze messe in campo da un'alleanza tra nazionalisti, liberali,  marxisti  e forze religiose sciite guidate dal loro leader carismatico Khomeini. Si passò in poco tempo da un fascismo all'altro e quelle che erano state fino ad allora delle labili concessioni di libertà, vennero definitivamente ritirate per far posto ad un sistema statale brutalmente confessionale guidato da religiosi islamici che subito annientarono  quelli che erano stati loro sodali.

Nacque così un altro regime autoritario, ma questa volta tutt'altro che laico perché basato sulla shari'a e sulla repressione di ogni afflato di opposizione democratica. 

La donna, in particolare, divenne uno dei simboli del male da combattere.

Sulla scorta di quanto sta avvenendo in questi giorni in Iran, abbiamo deciso di riproporre la straordinaria intervista che il 26 settembre 1979 Oriana Fallaci fece nella città santa di Qom all'Ayatollah Khomeini. 

Il leader sciita gliela concesse perchè convinto nella benevolenza di una giornalista occidentale che in passato era stata fortemente critica nei confronti dello Scià Mohammad Reza Pahlavi.

Ma si sbagliava, perchè Oriana Fallaci lo incalzò senza paura attaccando e definendo fascista il suo regime, ancora più di quello che lo aveva preceduto.

09 dicembre 2022

Morire per mano di Dio nel 2022

In Iran nel 2021 almeno 333 persone sono state uccise con pena capitale e questa è soltanto la cifra relativa alle esecuzioni annunciate ufficialmente, mentre si sospetta che il numero reale sia ben più alto. Basti pensare a quelle sommarie che avvengono nell'ambito del confliltto "a bassa intensità" che infiamma da circa quarant'anni il Sistan ed il Baluchestan iraniano ai confini tra Iran e Pakistan; oppure quelle indicibili eseguite sulle donne, almeno 17 nel 2021, e quelle contro gli omosessuali. E potremmo continuare citando altre categorie di persone sottoposte alla pena di morte per il solo fatto di "appartenere" ad un genere.

Ieri la magistratura della Repubblica islamica ha annunciato l'esecuzione del manifestante Mohsen Shekari, 23 anni. Mahmood Amiry-Moghaddam, direttore di IHR (Iran Human Rights) , ha dichiarato: “Mohsen Shekari è stato giustiziato dopo un processo frettoloso e iniquo senza un avvocato...". Anche Mohsen apparteneva ad un genere, quello dei manifestanti; l'agenzia di stampa giudiziaria di regime Mizan ha annunciato che Mohsen Shekari era stato accusato "......di “moharebeh” (inimicizia contro dio) per aver estratto un'arma con l'intenzione di uccidere e creare terrore e privare il popolo della libertà e della sicurezza, provocando lesioni intenzionali con un'arma bianca a un ufficiale basij in servizio, bloccando Sattar Khan Street a Teheran e sconvolgendo l'ordine e la sicurezza nazionale....".

Secondo il codice penale agli articoli 282 e 283, l'inimicizia o guerra contro dio è punibile con "pena di morte, crocifissione, amputazione della mano destra e della gamba sinistra e l'esilio".

In queste ultime ore almeno altri 11 manifestanti stanno per essere giustiziati per reati commessi durante le manifestazioni di proteste contro la dittatura iraniana e, forse, alcuni di loro sono già morti mentre stiamo scrivendo.

Questo è solo l'inizio di una rivoluzione democratica condotta dai figli del nuovo Iran, oppure sarà l'ennesimo sacrificio umano offerto sull'altare del dispotismo religioso degli ayatollah?