27 marzo 2020

Pandemia e democrazia.

Viviamo tutti qui, nello stesso maledetto posto e ci sentiamo sospesi da quindici giorni come se fossimo imprigionati all'interno di una grande bolla d'aria; tutto è rallentato come le azioni di una partita di calcio viste con una moviola degli anni ottanta. Un mese fa eravamo gli stessi di sempre, lavoravamo, studiavamo, facevamo sport, andavamo al cinema, passeggiavamo nei parchi. I giorni passavano veloci, uno dopo l'altro, e la vita era forse ovvia e frenetica. 
Ci siamo risvegliati un bel giorno ed abbiamo visto un cielo diverso, comprendendo gradualmente  che quanto ci avevano raccontato sulla fragilità dell'esistenza era vero. Improvvisamente abbiamo iniziato a voltarci ripetutamente indietro per controllare chi si fosse fermato alle nostre spalle, per riconsiderare tutta la strada percorsa fino a quel momento e raccogliere quanto abbiamo perduto. Non l'avevamo mai fatto, sicuri del nostro futuro; mentre adesso il passato è diventato prezioso rimpianto.
fonte: www.scienzainrete.it
Alle prime avvisaglie del contagio abbiamo tutti  sottovalutato i rischi di una malattia definita ancora influenza, i virologi e gli epidemiologi hanno polemizzato in televisione sui rischi di una pandemia; nel frattempo il virus ha viaggiato in prima classe sugli aerei, sulle navi, attraversando gli oceani fino ad insinuarsi anche qui come una serpe velenosa tra i corpi delle persone, tuffandosi nel respiro di uomini e donne e sguazzando nelle goccioline di acqua prodotte dalla gente per strada. Lo chiamano Corona, Corona-Virus, a causa della forma dell'animaletto microscopico, tanto che pare addirittura carino con tutti quei colori, con quelle guglie frastagliate che lo fanno assomigliare ad una roulette.  Il numero dei contagi e dei morti aumenta, poi decresce, poi aumenta di nuovo, ed è uno stillicidio quotidiano. La sensazione che si prova è quella di far parte dell'area di una circonferenza, i cui cerchi più lontani delimitano la vita di persone sconosciute e man mano che si fanno più prossimi, inizi a credere che prima o poi si giunga al tuo: persone conosciute solo per nome o per fama, poi via via persone vicine a conoscenti, poi conoscenti, amici, parenti ed il cerchio alla fine è quello tuo: la democrazia è compiuta. 

24 giugno 2018

Quello che non ci piace di Capitan Fracassa


Chi ha letto quanto è stato scritto finora in questa raccolta di appunti sparsi e quasi quotidiani, sa come la pensiamo in tema di immigrazione e in generale ha ben compreso il nostro modesto punto di osservazione sulle cose del mondo. Per le nostre posizioni siamo anche stati accusati da non pochi di essere dei "parolai buonisti". E' vero, forse siamo  degli ingenui perché, come si sa:
  • Non ci piacciono i porti chiusi.
  • Non ci piacciono, neanche a dirlo, i pericolosi dubbi sollevati circa la necessità di una scorta a Roberto Saviano. 
  • Non ci piacciono i ministri itineranti. 
  • Non ci piacciono i governi frazionati ed eterodiretti. 
  • Non ci piacciono i governi social.
  • Non ci piacciono i goffi proclami nazionalisti, soprattutto da parte di chi finora ha inveito contro lo spirito unitario dello Stato italiano. 
  • Non ci piacciono le sparate elettorali per raccattare voti, in vista di una non proprio insignificante tornata elettorale amministrativa, in cui tre milioni di italiani decideranno chi dovrà guidare comuni e regioni da sempre enclave della sinistra (la sinistra?), come la Toscana. 
  • Non ci piace neanche il Partito Democratico, surgelato ben bene in una confezione sigillata ermeticamente da quando Renzi ha perso uno sciagurato referendum costituzionale nel 2016.
  • Non ci piace tutta l'altra sinistra, quella più a sinistra (sigh?!) che si arrabatta tra le boldrinate chic ed il mondo patologicamente eterogeneo che orbita tra Liberi e Uguali e Potere al Popolo.
  • Ovvio poi che non ci piaccia neanche l'altra metà del cielo, ossia la destra che pendola tra l'antiquato reazionarismo populista di Fratelli d'Italia ed i moderati Forzitalisti appesi al filo della flebo di Berlusconi.

Infine, discorso a parte, non ci piace neanche il Movimento 5 Stelle, perché ha buttato al vento le sue potenzialità iniziali, quando nei primi anni aveva innegabilmente fatto da collettore e da valvola di sfogo del malumore e dei desideri di rivalsa degli orfani e degli erranti delusi, lasciando al palo dapprima Bersani e poi Renzi e, perché no, anche la vecchia Lega nord di Bossi. Quel serbatoio lo ha mantenuto fin quando non ha incontrato sulla sua strada un agricolo ma scaltro leader come Salvini, che ad oggi è in realtà l'unico ad avere un minimo di barlume tattico, e non ci piace neanche questo naturalmente: strattona di qua e tira di là, la corda alla fine si spezza, consacrandolo finalmente nell'ambito ruolo di deus ex machina e facilitandolo nell'eliminazione del coinquilino scomodo pentastellato.
E quello che più non ci piace, alla fine, è che Salvini, siamo consapevoli di provocare qualche  attacco d'indigestione con questa affermazione, sta  raccogliendo sempre più consensi; bisognerebbe passare al setaccio tale impennata nei sondaggi, allo scopo di chiedersi perché la maggioranza della gente, quella che ragiona di pancia e soltanto e sempre di pancia, e questo ci fa veramente irritare, è sostanzialmente con lui. Pare che questa benedetta pancia del paese si senta sempre più satolla ogni qualvolta Salvini arraffa un microfono dichiarando guerra a Francia e Spagna, o twitterando al mondo intero che gli invasori non sbarcheranno piu sul dolce suol natío con le loro corazzate galleggianti. E piaccia o meno, il messaggio letale passa e va a solleticare lo spirito da Capitan Fracassa un po' cialtrone ed un po' scanzonato tipico dell'italiano medio che pensa che del resto "non sarà poi una cosa seria!"



21 giugno 2018

Maturità 2018: Il giardino dei Finzi Contini" non è una scelta banale

Non è un caso che il MIUR abbia scelto questo romanzo come prova di analisi del testo nell'esame di maturità di quest'anno; non può essere un caso, in un momento in cui si parla a cuor leggero, troppo leggero, di chiusura dei porti o di freddo conteggio di persone. In questo momento in cui l'Italia trova nostalgici spunti di vicinanza con Austria ed Ungheria (è stata appena promulgata una legge magiara che prevede il carcere per chi fornisce aiuti agli immigrati clandestini), non è per niente un caso che l'apparato, quello a volte burocraticamente elefantiaco e criticabile, tuttavia costituito da tecnici che sono la spina dorsale permanente dei ministeri, abbia scelto questo romanzo. E' l'apparato che spesso garantisce la continuità della democrazia e che sa come frenare i pericolosi impeti della politica, mandando dei segnali di allarme e circoscrivendo i limiti del nostro ordinamento giuridico. 
Così ci pare che abbia fatto anche in quest'occasione l'apparato del Ministero dell'Istruzione, scegliendo di proporre nella prova di analisi del testo il romanzo della inesorabile persecuzione razziale nell'Italia del fascismo, spietata anche verso gli ebrei più ricchi, come i Finzi Contini che avevano condotto fino ad allora una vita agiata ed integrata nel sistema politico sociale.

Links
Il giardino dei Finzi Contini - trailer
Tutte le tracce ufficiali della prima prova pubblicate dal MIUR
«Più del presente contava il passato», scrive Bassani, che di Micol dice: «Il futuro lei lo aborriva».         
Perché il futuro non poteva esistere così come si prospettava, e perché il passato era stato troppo benevolo per poter tollerare uno sradicamento talmente violento.

Ecco il brano proposto per l'esame di Stato:
(…) Una sera non mi riuscì di trattenermi. Certo – gridai, rivolto a Malnate -: il suo atteggiamento dilettantesco, in fondo da turista, gli dava modo di assumere nei riguardi di Ferrara un tono di longanimità e di indulgenza che gli invidiavo. Ma come lo vedeva, lui che parlava tanto di tesori di rettitudine, bontà, eccetera, un casosuccesso a me, proprio a me, appena poche mattine avanti? Avevo avuto la bella idea – cominciai a raccontare – dì trasferirmi con carte e libri nella sala di consultazione della Biblioteca Comunale di via Scienze: un posto che bazzicavo fino dagli anni del ginnasio, e dove mi sentivo un po’ come a casa. Tutti molto gentili, con me, fra quelle vecchie pareti. Dopo che mi ero iscritto a Lettere, il direttore dottor Ballola aveva cominciato a considerarmi del mestiere. Gli bastavasalutarmi, e subito veniva a sedermisi a fianco per mettermi a parte dei progressi di certe sue ormai decennali ricerche attorno al materiale biografico dell’Ariostocustodito nel suo studiolo particolare, ricerche con le quali si proclamava sicuro di superare decisamente i pur cospicui risultati raggiunti in questo campo dal Catalano.Quanto poi ai vari inservienti, costoro agivano nei miei confronti con tale confidenza e famigliarità da dispensarmi non solamente dalla noia di riempire i moduli per i libri, ma da lasciarmi addirittura fumare di tanto in tanto una sigaretta. Dunque, come dicevo, quella mattina mi era venuta la bella idea di passarla in biblioteca. Senonché avevo avuto appena il tempo di sedermi a un tavolo della sala di consultazione e di tirar fuori quanto mi occorreva, che uno degli inservienti, tale Poledrelli, un tipo sui sessant’anni, grosso, gioviale, celebre mangiatore di pastasciutta e incapace di mettere insieme due parole che non fossero in dialetto, mi si era avvicinato per intimarmi d’andarmene, e subito. Tutto impettito, facendo rientrare il pancione e riuscendo persino a esprimersi in lingua, l’ottimo Poledrelli aveva spiegato a voce alta, ufficiale, come il signor direttore avesse dato in proposito ordini tassativi: ragione per cui – aveva ripetuto – facessi senz’altro il piacere di alzarmi e di sgomberare. Quella mattina la sala di consultazione risultava particolarmente affollata di ragazzi delle Medie. La scena era stata seguita, in un silenzio sepolcrale, da non meno di cinquanta paia d’occhi e da altrettante paia d’orecchie. Ebbene, anche per questo motivo – seguitai – non era stato affatto piacevole per me tirarmi su, raccogliere dal tavolo la mia roba, rimettere tutto quanto nella cartella, e quindi raggiungere, passo dopo passo, il portone a vetri d’entrata. Va bene: quel disgraziato di Poledrelli non aveva eseguito che degli ordini. Però stesse molto attento, lui, Malnate, se per caso gli fosse capitato di conoscerlo (chissà che anche Poledrelli non appartenesse alla cerchia della maestra Trotti!), stesse molto attento, lui, a non lasciarsi fregare dalla falsa apparenza di bonarietà di quel suo faccione plebeo. Dentro quel petto vasto come un armadio albergava un cuoricino grande così: ricco di linfa popolare, d’accordo, ma per niente fidato.E poi, e poi! – incalzai -. Non era perlomeno fuori di posto che lui venisse adesso a fare la predica non dico ad Alberto, la famiglia del quale si era sempre tenuta in disparte dalla vita associata cittadina, ma a me che, al contrario, ero nato e cresciuto in un ambiente perfino troppo disposto ad aprirsi, a mescolarsi con gli altri in tutto e per tutto? Mio padre, volontario di guerra, aveva preso la tessera del Fascio nel ’19; io stesso ero appartenuto fino a ieri al G.U.F. Siccome dunque eravamo sempre stati della gente molto normale, noialtri, anzi addirittura banale nella sua normalità, sarebbe stato davvero assurdo che adesso, di punto in bianco, si pretendesse proprio da noi un comportamento al di fuori della norma. Convocato in Federazione per sentirsi annunciare la propria espulsione dal partito, espulso quindi dal Circolo dei Negozianti come indesiderabile: sarebbe stato veramente strano che mio padre, poveretto, opponesse a un simile trattamento un volto meno angosciato e smarrito diquello che gli conoscevo. E mio fratello Ernesto, che se aveva voluto entrare all’università aveva dovuto emigrare in Francia, iscrivendosi al Politecnico di Grenoble? E Fanny, mia sorella, appena tredicenne, costretta a proseguire il ginnasio nella scuola israelitica di via Vignatagliata? Anche da loro, strappati bruscamente ai compagni di scuola, agli amici d’infanzia, ci si aspettava per caso un comportamento d’eccezione? Lasciamo perdere! Una delle forme più odiose di antisemitismo era appunto questa: lamentare che gli ebrei non fossero abbastanza come gli altri, e poi, viceversa, constatata la loro pressoché totale assimilazione all’ambiente circostante, lamentare che fossero tali e quali come gli altri, nemmeno un poco diversi dalla media comune. (…)

20 giugno 2018

Italia nazione aperta



fotografia da raimondorizzo.wordpress.com/
Ci sono rimasti pochi pregi da esibire, tra questi quello di essere un popolo che accoglie. Ce l'abbiamo scritto nel dna, lo sappiamo fare meglio di chiunque altro perché siamo sempre stati aperti. Questo è un fatto incontrovertibile e non lo può negare nessuno; lo si vede nell'azione generosa dei volontari che prestano il loro impagabile servizio nei punti di approdo delle navi degli immigrati, nei gesti di umanità dei medici che sono lì a curarli dalle malattie del corpo e del cuore, lo vediamo addirittura negli sguardi indulgenti dei poliziotti e dei carabinieri impegnati per assicurare l'ordine pubblico e la sicurezza di tutti. Sono tutti lì perché in un modo o nell'altro accolgono nella nostra terra chi urla di un dolore più forte e chi patisce sofferenze più atroci. Perciò non meritiamo lezioni da nessuno su questo. L'Italia è una nazione aperta per definizione, lo dice la storia dei nostri porti, terre di sbarco da millenni per chiunque abbia voluto entrare nel continente; siamo sempre stati un portofranco geoculturale; nell'epoca repubblicana anche l'antica, e certamente non proprio incline alle grandi navigazioni, Roma aveva improntato frenetici scambi commerciali sui porti marittimi di Ostia e di Pozzuoli aprendosi agli scambi commerciali ed ospitando stranieri che un tempo sarebbero stati soltanto brutalmente sottomessi. Se ci soffermassimo su Genova, o Venezia o sulla restante parte di città marittime che abbracciarono popoli stranieri nel dispiegarsi dei secoli, non basterebbero queste pagine per descriverne la ricchezza e la motilità culturale.
"Genova cominciò a gareggiar di commercio con Marsù. Pisa doventò un cantiere italiano e vi fu stabilito un collegio di fabbricatori navali e di marangoni. Luni spopolata per il vuoto de Liguri Apuani non presentava più la sua antica possanza ed attività sul mare ma i porti della Campania e Locri Napoli e Siracusa brillavano per traffico oltramarino. Taranto si trovò comoda col suo porto per i commercj colla Grecia coll'Affrica e colla Sicilia. Brindisi ed i porti della Puglia per i traffici coll Epiro coll'Illiria e colla Macedonia. Roma formava alla foce del Tevere il porto dell'universo vi teneva arsenale un collegio di marinari uno di fabbricatori navali quello de misuratori quello de saccarj. Essa aveva in gran considerazione le città d'Italia che distinguevansi per la celebrità del porto o per la costruzione de vascelli; improntava nelle sue monete una prua un Nettuno un delfino come già lo avevano fatto i Fenicj ed a somiglianza de Rodiensi sorgeva legislatrice marittima e mercantile. Promosso così nell'Italia il commercio esterno oltremarino, vi mancavano strade all intorno che vi facilitassero le importazioni ed esportazioni interne per agevolarvi il commercio da provincia in provincia ma Appio Claudio che fu Censore nel consolato di Valerio Massimo vi fece quella strada famosa di pietre cube da Roma a Capua per lui chiamatasi Appia che poi dalla romana magnificenza fu estesa fino a Brindisi....." LIBRO I (Storia dei tre celebri popoli marittimi d'Italia. Giovanni Battista Fanucci - 1817 Pisa Ed Pieraccini)
fotografia da www.uonna.it/ellis-island.htm
Ecco, noi siamo ancora tutto questo, per cui è un atteggiamento contro natura quello di chiudersi, perché noi le porte le abbiamo sempre tenute aperte, non abbiamo mai usato chiavistelli, facendo impavidamente entrare in casa sconosciuti d'ogniddove, preoccupandoci soltanto che si trovassero a loro agio, come se casa nostra fosse una sorta di centro d'accoglienza all'aperto, inglobando i loro usi e costumi, incrociando le nostre famiglie con le loro, banchettando insieme come solo noi sappiamo fare, salvo poi sorprenderci colpevolmente quando questi si sono trovati così bene da non andarsene più. Il solito male italiano di non credere mai fino in fondo nel nostro genio e di essere artefici delle nostre disfatte.








19 giugno 2018

Supplica degli elettori

Riproponiamo un vecchio posto del 2013 intitolato "Supplica degli elettori"; oggi come ieri ci sembra non sia cambiato niente....ancora una volta.

14 giugno 2018

RADICI, storia di Alì Sohna.

La Rai a volte c'è e si ricorda di essere servizio pubblico. Radici - L'altra faccia dell'immigrazione Storia di Alì Sohna', trasmesso durante lo scorso fine settimana, narra la storia di un ragazzo arrivato in Italia a bordo di un barcone dopo uno degli innumerevoli viaggi di speranza e di morte attraverso il Mediterraneo. Ma non si tratta della solita narrazione pietista del profugo in cerca di un rifugio e della salvezza dagli orrori patiti prima e durante il trasferimento verso l'Europa. È invece una storia di riscatto in cui la dignità dell'uomo impegna il centro della scena ed invita ad approfondire con spirito critico l'aspetto del viaggiatore alla ricerca di un senso nella sua vita. E cosi Alì ci trasmette sicurezza dando uno scossone al nostro perbenismo disimpegnato; Alì non vuole rinnegare il passato, è in cerca al contrario di un anello di congiunzione con la sua terra d'origine. 
La sua africanità in tale maniera prorompe pervicacemente nella quiete provinciale di una Matera essa stessa terra di confine; due periferie che s'incontrano dando origine al melting pot del futuro, una commistione etnica e culturale figlia del processo inarrestabile dei flussi migratori di questo millennio. Non c'è niente da fare, è cosi che dev'essere a dispetto dei soloni del populismo becero e protezionista che sta pervadendo l'Italia e l'Europa tutta in questa epoca di mutamenti colossali che facciamo fatica a comprendere.

Guarda il documentario.

04 giugno 2018

Leggiamo il "Contratto di Governo 2018"

Riportiamo qui sotto i links per consultare ed approfondire sia i singoli programmi politici di Movimento 5 Stelle e Lega che il cosiddetto Contratto di Governo condiviso da entrambi. 
fonte it.depositphotos.com
Nei prossimi giorni cercheremo di analizzarne in maniera critica i punti salienti valutando se vi sia rispondenza tra la concreta amministrazione di un paese e le buone intenzioni elettorali.

03 giugno 2018

Osservazioni sul nuovo governo.

La Chimera era un mostro mitologico con un corpo di leone e due teste; la prima di leone, la seconda di capra, alla fine una coda di serpente. La sua essenza stava nella duplicità ontologica, da una parte la leonina e imponente magnificenza del predominio e della vita, dall'altra la tempesta; il serpente a simboleggiare la terra e l'oscurità, la capra il passaggio dalla vita alla morte, la transizione.
www.queryonline.it/2015/04/27...
E' quantomeno singolare come il mito possa aderire in taluni casi alla realtà. Il nuovo governo è come la Chimera, due teste e due personalità in opposizione fra di loro e sulla coda il veleno. A parte il gioco metaforico, questa compagine in altri tempi l'avremmo definita un "bicolore", come quelli del passato, da De Gasperi del 1951 fino a passare per Moro nel 1974 ed in ultimo Fanfani nel 1987, quando il fulcro dei giochi era sempre rappresentato dalla vecchia DC. Piacesse o meno, non si sfuggiva, lo storico partito cattolico era la certezza del sistema: esisteva e non si poteva prescindere perché quel carrozzone garantiva la continuità e rassicurava l'anima moderata dell'italiano medio desideroso di equilibrio. Il Governo appena nato non è invece un bicolore in senso classico, perchè non c'è tra le due componenti un traino imprescindibile e soprattutto perchè non si può individuare, a parte il ragionamento strettamente numerico, chi fra i due sia l'asse portante. Entrambi ambiscono ad essere carnefice dell'altro, ma nessuno dei due vuole esser vittima. In poche parole non c'è una squadra, ma due governi che fingono di giocare all stesso tavolo. E' il governo dove chi deve stare all'opposizione viene quotidianamente aggiornato sull'attuazione del programma di governo come se ne facesse parte, e poi lancia strali ed accuse di contraddittorietà e di populismo; oppure subito dopo dichiara:" O noi o loro...ci opporremo al pauperismo ed al giustizialismo,...no alla fiducia...."; è il governo in cui il partito di maggioranza relativa ospita nei suoi raduni gli stand per i diritti dei gay, mentre un ministro leghista afferma che le famiglie gay non esistono per la legge italiana. Infine è il governo dove Giorgia Meloni dice che Fratelli d'Italia ci sarà (n.d.r. dove?), ma si si asterrà sulla fiducia. Insomma un bicolore di separati in casa con un massiccio e velato, ma non tanto,  appoggio esterno intriso di opportunismo e di convenienza. E la sinistra che fa? Sarebbe meglio chiedersi: la sinistra dov'è?  Anche se pensiamo che il caos appena sommariamente descritto possa sortire un effetto insperato, quello di far dire alla sinistra qualcosa che sia un tantino di sinistra.

Sono trascorsi circa sei anni ma per Taranto niente di nuovo.

A seguire un articolo pubblicato da FrederickLab qualche anno fa che ci sembra ancora attuale.
Morire di acciaio è un po' come lavorare per sempre con l'acciaio. 
L'acciaio non può essere per sempre, si dovrebbe iniziare a ragionare seriamente di cambio e di riconversione, ciò che non vuol significare a tutti i costi salubrità ambientale e ricatto occupazionale.
La parola chiave deve essere: RIOCCUPAZIONE

FrederickLAB Notes: Taranto come Pittsburgh

FrederickLAB Notes: Taranto come Pittsburgh: "Taranto è una balena spiaggiata, ansima ma non si scuote", scrive su La Repubblica di oggi Antonello Caporale.  Si tratta di ...clicca sul link all'inizio.

28 luglio 2016

Noi e non altro che noi.

Ma che paese è quello in cui la memoria è evanescente come fumo che si perde nell'aria? Se chiedessimo ai nostri figli adolescenti cosa accadde il 2 agosto 1980, ben pochi saprebbero rispondere; e tra questi forse nessuno lo farebbe mostrando di avere piena consapevolezza dei fatti. Inutile dire che la colpa è solo nostra, della nostra generazione di pacificati nostro malgrado. Quel che sappiamo della guerra corrisponde ai racconti dei nostri nonni, poco deriva dalla scuola a causa dei tempi serrati della didattica. Non abbiamo vissuto a pieno gli anni piombo perché eravamo troppo piccoli o addirittura non eravamo ancora nati; siamo il prodotto del "tutto è dovuto" e del "tutto è passato", il risultato di un egocentrismo generazionale che ha sotterrato lentamente tutto quanto accaduto prima, non perché credessimo di averlo superato e metabolizzato, ma piuttosto perché non ce ne siamo curati considerandoci intoccabili ed infrangibili. Adesso che la nostra teca di vetro si sta incrinando sotto i colpi inferti dagli attacchi terroristici a Parigi ed a Monaco, la nostra inquietudine inizia a prendere il sopravvento. Stiamo davanti allo specchio a guardarci ed a riguardarci ancora, tentando di realizzare che di questi tempi siamo di nuovo protagonisti, che forse potremmo ricominciare ad essere vittime noi stessi e non altri, non altri di altre epoche.
Noi e non altro che noi.

UN PAESE SENZA MEMORIA E' UN PAESE IN PERICOLO








08 dicembre 2015

Oggi come 70 anni fa: trovate la differenza.

Il mondo attuale in fin dei conti non è tanto diverso da quello di qualche decennio fa. Le frasi e gli umori si ripetono ciclicamente e soprattutto la memoria dei popoli e delle nazioni è pericolosamente corta. 

Se nel Mein Kampf Adolf Hitler affermava che: 
"Il gioco della guerra consiste nella distruzione fisica dell'avversario. Per questo vi ho ordinato di massacrare senza pietà qualsiasi uomo, donna o bambino che non appartenga alla vostra razza. Così soltanto potremo ottenere lo spazio fisico che ci abbisogna”.
"Esistono razze elette e superiori, destinate a comandare, e razze spregevoli e inferiori, destinate a servire. Non si può parlare né di uguaglianza né di fraternità tra gli uomini; tali idee sono inaccettabili perché contro natura. E' giusto invece che certi individui e certe razze - quelli superiori - si impongano sugli altri e li costringano a obbedire.
Concludeva dicendo che "Il terrore è lo strumento politico più efficace. Non me ne lascerò privare soltanto perché una massa di stupidi smidollati borghesi pretende di esserne offesa. (Mein Kampf (La mia battaglia) G. Galli ed.Kaos 2006)


Se Benito Mussolini nella Dichiarazione sulla razza del 1938 dichiarava:
“.....l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale...miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti...."




Se il Parlamento Bulgaro nel 2015 non si indigna ascoltando queste parole sul popolo Rom: 
“Perché persone che 25 anni fa, ai tempi del socialismo, lavoravano e mandavano i loro bambini a scuola, ora sono diventate scimmie aggressive, sicure di sé e feroci che vogliono essere pagate senza lavorare, chiedono i sussidi per la malattia senza essere malate, i servizi per l'infanzia mentre i loro bambini giocano in strada con i maiali e i sussidi per maternità per le donne che hanno atteggiamenti da prostitute di strada? Cosa porta i nostri connazionali dalla faccia scura a credere che tutto sia concesso e che chiunque sia tenuto a nutrirli e vestirli gratuitamente? Da più di due decenni, la società bulgara è soggetta a esperimenti politici scellerati, paragonabili soltanto all'insurrezione bolscevica a San Pietroburgo nel 1917. 


Se Marine Le Pen, che aspira a guidare la Francia del futuro, sostiene:
".....il fondamentalismo islamico deve essere interdetto, tagliando le organizzazioni islamiste, fermando le moschee radicaliste e espellendo gli stranieri che perpetuano l’odio sul suolo nazionale francese, rinforzando l’espulsione degli irregolari affinché non rientrino in Francia".(Discorso di Marine Le Pen ai francesi, dopo l’attacco dell’Isis a Parigi)


Se Matteo Salvini, leader della nuova Lega Nord accusa i leader europei:
 «Juncker, Schulz, Merkel, Renzi…Riempiono i nostri Paesi di milioni di immigrati e delinquenti. Politici europei che ODIANO I CITTADINI».  Matteo Salvini 

Se parlamentari europei come Buonanno, riferendosi ai rifugiati di guerra, si esprimono dicendo «Li lascerei senza mangiare, solo acqua. Uno che scappa dalla guerra pretende di mangiare come al ristorante? Gli italiani non sono scappati quando c’era la guerra da noi, sono rimasti e hanno combattuto per la loro patria. Questi qua che arrivano, a parte donne e bambini, sono solo dei codardi» (dichiarazione rilasciata il 26 agosto  Gianluca Buonanno)

Se ancora oggi il neonazismo pervade subdolamente il cuore dell’Europa:«Non toccate gli oggetti lasciati dai migranti: vestiti, abiti, scatole di conserve e anche bottigliette d’acqua. I migranti portano malattie e rischiate di essere contagiati». (Manifesto affisso in un comune ungherese governato dai neonazisti di Jobbik).
Se uno come Donald Trump pretende di guidare la nazione più potente del mondo separando e selezionando  i buoni ed i cattivi, i belli ed i brutti, i ricchi ed i poveri, come fossero legumi in una pentola da mettere sul fuoco.
Oggi esattamente come 70 anni fa; trovate le differenze se ci riuscite.


http://www.cronachediordinariorazzismo.org
http://www.cronachediordinariorazzismo.org/discorsi-dodio-contro-i-rom-quasi-un-caso-al-giorno/
http://www.anpi.it/storia/115/dichiarazione-sulla-razza
(http://www.liberties.eu/it/news/razzismo-discorsi-di-odio-assemblea-nazionale-bulgara)
http://www.left.it/2015/09/09/bestiario-razzista-della-destra-sui-rifugiati-prima-e-dopo-il-discorso-di-juncker/
http://www.huffingtonpost.it/arianna-huffington/trump-e-un-soggetto-pericoloso-con-lui-huffpost-cambia-registro_b_8747618.html?1449573785&utm_hp_ref=italy#
https://www.washingtonpost.com/news/the-fix/wp/2015/07/27/donald-trumps-surge-is-heavily-reliant-on-less-educated-americans-heres-why/

10 aprile 2015

Ce lo chiede l'Europa



La Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha condannato l'Italia per non aver promulgato mai una legge sulla tortura, attribuendo a ciò l'impunità assicurata agli autori dell'assalto effettuato all'interno della scuola Diaz di Genova nel 2001. Ricordiamo che il reato di tortura è previsto da una serie di atti internazionali: la Convenzione di Ginevra del 1949 relativa al trattamento dei prigionieri di guerra, la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950; la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000, la Convenzione Onu del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumane e degradanti, lo Statuto di Roma istitutivo della Corte penale internazionale del 1998. Il nostro ritardo è inversamente proporzionale al grado di urgenza e di necessità di un simile provvedimento alla luce dei fatti di Genova. 
Dal 2001 in poi le nostre Forze dell'Ordine hanno sicuramente imboccato la via della rivalutazione critica di quanto era successo, studiando ed applicando nuove regole d'ingaggio nei servizi di ordine pubblico, sostenendo l'utilità di nuove tecniche di mediazione dei conflitti sociali nell'ambito della piazza. Ma soprattutto è stato intrapreso un inusuale processo di introspezione all'interno della struttura gerarchica del Ministero dell'Interno per cercare di comprendere dove si sbagliò e perché si arrivò ad eccessi di quel genere. Ciò detto, le immagini della scuola Diaz non le vorremmo rivedere più, quella sorta di "macelleria messicana" degna di un golpe in un paese del Centr'America ci ha fatto vergognare dinanzi al mondo. Quelle divise e quelle mimetiche che tanto avevano dato in termini di sacrificio in difesa dello Stato negli anni immediatamente precedenti, a Genova ricadevano di colpo nel baratro dello scelbismo anni cinquanta, colorandosi del nero funesto dell'orda del ventennio. Di colpo, si proprio così; senza alcun motivo apparente a voler giustificare una simile inaspettata involuzione; per di più dopo due decenni di profonda democratizzazione e demilitarizzazione della Polizia di Stato, che era divenuta felicemente e finalmente una nuova e moderna struttura civile al passo dei tempi ed in linea con i corrispettivi esistenti nei più progrediti paesi del mondo occidentale.
Quindi perché? Nove anni dopo "Tangentopoli" e dopo le grandi stragi di mafia evidentemente l'Italia era un paese ancora in guerra con se stesso, un paese da pacificare, una comunità da costruire. Il resto lo fece la politica dissennata di scontro perenne tra un centro destra affarista e clientelare ed un centro sinistra imbelle e litigioso. Genova venne così scelta dall'alto come teatro di una tragedia da rappresentare in nome della voluttà di qualche nostalgico della strategia della tensione; c'era bisogno del morto ed il morto ci fu; c'era bisogno di una polizia torturatrice e fascista ed il piatto servito fu assolutamente perfetto. Salvo legittimamente ricomparire quella stessa polizia,  a breve distanza dai fatti di quei giorni, come solido baluardo della democrazia, tornando a rioccupare il posto che le era stato tolto all'improvviso giusto in quei pochi giorni di sospensione dei diritti e delle garanzie civili. Come se in quei due o tre giorni di follia la storia fosse rimasta imprigionata in qualche bolla spazio-temporale. Una commedia perfetta, dove Godot non arriva mai semplicemente perché nessuno lo vuole o lo ha mai visto e conosciuto; una sorta di prova generale, una delle tante inscenate in questo paese immaturo da sempre.
Adesso ci si meraviglia se l'Europa inizia a presentarci il conto da pagare per i nostri italici vizi di superficialità e di becero fatalismo. Se tortura ci fu, allora era sacrosanto che venisse trattata in quanto tale, ma in un paese "non normale" come il nostro, dove tutto si strumentalizza per scopi di claque corporativa, anche la semplice previsione di una fattispecie penale diviene motivo ulteriore di divisione. Come sempre abbiamo bisogno di un amministratore di sostegno, a volte per giustificare finanziarie capestro, a volte per diventare un paese più civile. Ce lo chiede l'Europa.



23 agosto 2013

Crisi di un paese anormale.

E poi, se Mubarak ha ottenuto la grazia senza grazia, se è libero senza aver espiato, se è stato assolto senza una sentenza, perchè non anche Mister B.? Perchè ostinarci a considerare l'Italia un paese maledettamente normale?




26 maggio 2013

Pillole di retrocultura italica.

Abbiamo conosciuto due anziani pensionati, marito e moglie. Ci hanno raccontato, tra l'altro, che trascorrono i pomeriggi e le serate davanti alla tv a guardare i programmi della D'Urso, di Mara Venier, della De Filippi. Non un giornale, non un libro, neanche internet. Le loro opinioni sono quasi totalmente influenzate da tali macchine di persuasione e di distorsione del pensiero. Lui una volta era comunista, oggi è attratto dalla favola di Mister B. sulla cancellazione dell'IMU (come se ciò risolvesse i problemi degli italiani): 
"A me non è mai piaciuto quello là, però nessun altro ha fatto una proposta del genere." 
- mi dice convinto. 
E quando accenniamo ad un minimo di argomentazione sull'ultima fandonia di Mister B., lui ci riflette un attimo e ci dice:
" Però....in effetti. In realtà io pago soltanto centocinquanta euro all'anno. Dove li va a prendere questi soldi poi il governo?" 
Ma la D'Urso questo non lo spiega. 

Infine gli abbiamo detto che l'altro giorno se n'è andato un grand'uomo, don Gallo. E loro: 
"Ma chi....? Quello del riso?"

23 maggio 2013

Che bell'aria che c'è.

Credevo in alcuni principi e sono morto per questi.Sapevo di essere bersaglio dei pavidi e sono morto lo stesso. Combattevo contro i benpensanti e gli ipocriti e sono morto a causa loro.Lavoravo fianco a fianco con quelli che mi volevano morto e non lo volevo accettare.Ho cercato in tutti gli anfratti ed in tutte le pieghe per stanare i mandanti e mi hanno punito.Volevo cambiare il mio paese e sono stato annientato.Sapevo di essere stato designato, ma ho voluto proseguire nonostante tutto. Ma adesso tutto è finito e vedo che in realtà niente è cambiato, che pochi come me sono rimasti.Ma quei pochi sono eroi come lo eravamo io ed i miei amici morti innocenti e trucidati. Mi chiedo se questo sacrificio sia valso a qualcosa, mi vedo a correre libero ed innocente baciato dal vento delle nostre idee e so che non proprio vero che gli eroi vanno a finire tutti sotto terra.

27 marzo 2013

Il fantasma dei franchi tiratori.

Le consultazioni in streaming non s'erano mai viste, comunque non se ne sentiva la necessità, anche perchè abbiamo assistito inutilmente ad un'opera di convincimento, o lavata di testa, da parte di un consiglio di anziani nei riguardi di due scapigliati (tranne Crimi) pesci fuor d'acqua che non vedevano l'ora di riferire ciò che avevano imparato a memoria e di andarsene. 
Dicendo no a Bersani, forse i grillini hanno perso un'occasione: quella di partecipare ad un governo di cambiamento nel quale rivestire dei ruoli di responsabilità, di ottenere per sè ministeri importanti e, dunque, di incidere concretamente sulla vita del paese. Quello che ogni forza politica presente in Parlamento, forte dei milioni di voti ottenuti, sogna legittimamente di poter ottenere. 
Invece no, hanno deciso che è bello, e soprattutto più comodo, stare in Parlamento a fare i controllori del tram, piuttosto che guidarlo governando e realizzando una grande parte del loro programma. 
E poi, a che serve un programma che non vuoi realizzare?
Se si torna a votare, ne pagheranno le conseguenze perchè il loro elettorato è fluttuante e poco fidelizzato.
Intanto i fantasmi dei franchi tiratori del passato aleggiano sugli scranni bollenti; chissà se la "trattativa" di stamattina non sia stata la sveglia per i dubbiosi e gli insofferenti.

16 marzo 2013

Pietro Grasso Presidente del Senato

Pietro Grasso è stato eletto Presidente del Senato. Un'altra vittoria del duo Bersani-Vendola, ma anche un apporto politico decisivo, finalmente, da parte del Movimento Cinque Stelle. Prove tecniche di un governo? Di certo i grillini hanno votato contro la nefasta possibilità che venisse rieletto Schifani alla seconda carica dello Stato; una scelta del PDL che gli si è ritorta contro. Bisognerebbe adesso capire se è stato un marchiano errore, oppure una fine tattica che preluderebbe a spianare la strada al Qurinale ad un esponente di centro destra. 
Intanto Mister B. s'è affacciato in aula, dopo aver incassato gli sberleffi di chi lo attendeva all'entrata a Palazzo Madama, inforcando occhiali scuri che assomigliano molto a quelli usati da Totò nell'episodio pirandelliano "La patente", dove il grande comico impersonava il ruolo di un menagramo.

Laura Boldrini Presidente della Camera dei Deputati

Due sono le novità importanti della giornata di oggi. Almeno fino ad ora, metà pomeriggio. La prima è l'elezione di Laura Boldrini alla Presidenza della Camera dei Deputati. Una donna, e questo non accadeva dai tempi di Irene Pivetti, quasi vent'anni; la terza donna in tutta la storia della Repubblica, dopo le tre legislature consecutive di Nilde Iotti e, appunto, dopo la giovanissima leghista della prim'ora. Una buona notizia, segno ulteriore di un pressante vento del cambiamento. La Boldrini non è un politico, è un grande esperto di politica internazionale che gode del medesimo livello di prestigio all'estero di gente conte Draghi, Monti, Prodi, Emma Bonino. È sicuramente una outsider che ha avuto il merito di compattare per una volta, e speriamo per sempre, i voti della sinistra, quella vera. Il suo discorso d'insediamento, scritto probabilmente su due piedi dietro le quinte di un'assemblea rediviva, ha tradito una comprensibile emozione e una desuetudine al rapporto con i consessi politici. Ma ci è piaciuto proprio per questo, perchè ha usato parole sconvenienti per i professionisti della politica incancrenita, parlando senza timore di solidarietà, detto da una che se ne intende, di poveri, di esodati, di giovani, di donne maltrattate. E lo ha fatto con parole semplici e forti, con la voce tremolante ma autorevole. Sarebbe interessante farci spiegare da Cicchitto perchè ha criticato il discorso della Boldrini, cosa significherebbe che è stato un discorso "socio-ideologico"? Forse non lo sa nemmeno lui. Per noi assolutamente una speranza.
La seconda novità di oggi è rappresentata proprio dai voti che hanno reso possibile questa elezione e che forse annunciano la rinascita di una  compattezza insperata fra Bersani e Vendola che, se fosse stata più chiara e forte durante la campagna elettorale, adesso non staremmo qui a preoccuparci per cercare maggioranze parlamentari acrobatiche.
Una prova per il Governo e per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica? Intanto Vendola, uscito personalmente malconcio dal risultato elettorale, incassa oggi una vittoria politica preziosissima, anche perchè il Governatore della Regione Puglia è quello che spinge più di ogni altro a guardare verso l'orizzonte del Movimento Cinque Stelle.

Approfondimenti su Laura Boldrini: Una donna sempre al fronte. - L'alto commissariato per i rifugiati dell'ONU

03 marzo 2013

Un governo del Presidente

Siamo alle solite. Gli acrobati non sono più bulgari, ma italiani; gli artifici verbali fatti di piroette triple e quadruple su maggioranze e su governi nascituri riempiono le pagine dei giornali, oltreché dei serbatoi di pensiero e di analisi. Ma insomma, cos'è un "governo di minoranza"? Non altro che il governo degli sconfitti, quello che tecnicamente dovrebbe essere più solido proprio perchè perdente in partenza. Perdonate anche noi per questa colpevole acrobazia, ma ammettete pure che una compagine del genere venga partorita; ma allora, che abbiamo votato a fare? Lo sforzo elettorale, ché di "sforzo" vero e proprio si è trattato, soprattutto da un  punto di vista intellettuale, andrebbe letteralmente alle ortiche. La Prima Repubblica (a proposito, questa è la seconda, oppure la terza, o cos'altro?) è vissuta durante cinquant'anni di circhi della politica: appoggi esterni, governi monocolore con astensione dei falsi oppositori, compromessi storici, pentapartiti del malaffare, governi laici con la DC come garante, governi spacciati come "di centro sinistra", centristi e basta, governi con compiacenza comunista. E la lista potrebbe continuare a lungo. Non parliamo delle durate, addirittura il governo Fanfani del 1987 durò undici giorni, neanche il tempo di svuotare i cassetti dei precedenti ministri. Adesso vogliamo ricominciare daccapo con gli arzigogolamenti dei soloni mediocratici, utili solamente a riempire di contenuti privi di contenuti gli studi televisivi, con dibattiti fuffosi e pericolosamente fini a se stessi? Grillo questo l'ha capito e, uno come lui che la tv la conosce abbastanza bene, se ne sta alla larga per adesso. Salvo poi, perchè sarà così, apparire improvvisamente alla Celentano, come un profeta, e riempirli con monologhi lunghissimi, in attesa di atterrare sulla terra come un angelo venuto dal cielo. Una sorta di apparizione folgorante, un "annuntio vobis gaudium magnum", o magari una serie di pillole da somministrare gradatamente agli italiani ammalati, dei "clippini" stile Vasco Rossi. 
La minoranza, secondo noi, non è fatta per governare, ma per stare all'opposizione e non veniteci a dire che il momento è particolare e che esige intese atipiche. La minoranza è tale proprio perchè rappresenta meno persone. Il fatto è che dalle urne un responso, seppure opinabile e labile, è fuoriuscito ed è quello che ha sancito, in funzione di una legge elettorale, questa si, antidemocratica, la vittoria numerica della coalizione di centrosinistra e l'avanzata, anzi la nascita prorompente del Movimento Cinque Stelle; e non dimentichiamo, ovviamente, la non vittoria numerica di Mister B. che fa da contraltare ad un suo eccezionale ed innegabile recupero. Dunque, una maggioranza c'è, deve soltanto essere aggregata in un senso o nell'altro e Napolitano non può permettersi di non accorgersene. Il Presidente deve prescindere da tutti i calcoli partigiani di convenienza politica, prendendo atto che i numeri vorranno pur dire qualcosa. Proprio un Governo del Presidente potrebbe essere la soluzione a questo impasse pericoloso, dove la forza politica ad uno schieramento che si basi sulla condivisione di determinati e fondamentali punti di accordo, venga conferita proprio dal Colle. E' già successo in passato e non sarebbe certo una novità; Grillo non aspetta altro che poter entrare in un governo del genere, ciò che gli permetterebbe di apparire ragionevole senza contaminarsi con accordi sottobanco, mettendosi sotto l'ala protettiva del Quirinale. Se Napolitano chiama, allora Grillo risponde, è certo; pensate alle prove tecniche di avvicinamento tra i due dei giorni scorsi.  In questo momento è l'unico modo per non tornare a votare nel giro di mesi, di settimane addirittura. Questa sarebbe una nefasta evenienza e scardinerebbe quel briciolo di fiducia nello istituzioni che ancora è rimasta nelle coscienze degli elettori più pazienti.

Approfondimenti: Excursus sui governi della Repubblica

01 marzo 2013

Tre domande a Mister B. sul "cancro".

Perchè non diciamo a Mister B. che l'abuso della parola "cancro" lede la dignità degli ammalati e che strumentalizzare il dolore di queste persone ponendo la malattia sul medesimo piano di una bega di carattere politico-privato equivale ad insultare la sofferenza di esseri umani con i quali il destino è stato malevolo? Perché non diciamo a Mister B. che, alla sua veneranda età, la cattiveria e la superficialità dovrebbero essere stemperate dalla saggezza della vecchiaia? 
Perchè non urliamo a gran voce che tutti noi abbiamo padri, figli ed amici morti di cancro ed altri che stanno per morire? 
Proviamo a far sentire la loro voce.

Approfondimenti: "I magistrati sono un cancro" da La Repubblicada Il Messaggero; da AdnKronos.

Buonanotte e grazie dalla "Santa Defezione".

Le dimissioni di Papa Ratzinger hanno rivoluzionato la Chiesa per gli anni a venire, perchè, come da da più parti s'è già detto, questa non sarà mai più la stessa di prima. Da qualche giorno a questa parte, l'interesse miope dei media e dei fedeli si è concentrato sull'evento epocale e sulla novità rituale, od anche sulle riflessioni  a proposito delle conseguenze religiose e secolari che ciò ha comportato e comporterà in futuro. Bisognerebbe però tornare a soffermarsi sull'analisi delle motivazioni che hanno condotto Benedetto XVI a questa decisione, non tralasciando in merito alcuna ipotesi, anche la più bizzarra o pericolosa. Alla faccia di tutti i critici o intellettualoidi da establishment che presumono di essere più competenti degli altri mortali nella polemica e nella valutazione di tali accadimenti, che deridono incessantemente i cosiddetti "dietrologi" o "complottisti", presentandosi come voci della verità, noi vorremmo al contrario segnalare che non crediamo e non crederemo mai alla stanchezza ed al peso morale insopportabile che avrebbe attanagliato l'oramai ex Pontefice, costringendolo a tirare i remi in barca; così è tout court crollato lo stesso dogma dell'infallibilità. E se non è infallibile, che Papa è allora? Invece noi siamo, in questo caso, fortemente, e proprio dietrologicamente, sospettosi che alla base delle sue dimissioni vi siano invero argomenti scottanti e clamorosi che niente hanno a che vedere con la spossatezza di un vecchio uomo colpito da una crisi di astinenza da privacy.  Le ipotesi sarebbero molte: lo IOR, i preti pedofili, la questione delle carte trafugate e diffuse dal maggiordomo, chissà forse anche Emanuela Orlandi; tutte vicende che potrebbero aver avuto la loro funzione detonante. Come negare l'ipotesi, seppure nebbiosa, di una loro influenza su una decisione che non è maturata negli anni, ma piuttosto negli ultimissimi tempi dietro le pressioni di ricatti, vendette, lotte di potere giunte al loro estremo culmine e non più evidentemente insabbiabili? Solo tre mesi fa il Papa inaugurava il suo ingresso nel mondo dei social networks, annunciando al mondo intero quello che sarebbe stato il suo profilo Twitter, evidenziando la volontà di diffondere quotidianamente, ora dopo ora, minuto dopo minuto, il suo verbo tra i milioni di fedeli collegati sul web. Altro che desiderio di privacy! Benedetto XVI si sentiva Papa e voleva comunicarlo in tutte le lingue possibili. Qualcosa nel frattempo è successo ed ha messo Ratzinger con le spalle al muro, un muro senza possibilità di fuga. Questa non è dietrologia e non è mania di complottismo, peraltro non ci sarebbe niente di male o di strano, o di nuovo, nel paese di Ustica, di Capaci, di Ambrosoli, della Stazione di Bologna, etc etc. I soloni di turno, fra qualche tempo, inizieranno a pontificare, è il caso di dire, sulla presenza ingombrante di un Papa Emerito, di una figura imprevista che passeggia come un pastore qualsiasi nei giardini del Vaticano, del capo dell'opposizione pronto a criticare l'azione del nuovo governo. Insomma, tutto diranno tranne quello che è realmente stato il motivo della Santa Defezione, e cioè che il potere ha vinto ancora una volta, senza guardare in faccia nessuno e senza rispetto verso i piani alti.
Intanto, il Pellegrino se n'è andato ed ha salutato tutti con un sberleffo, ritirandosi elegantemente, ringraziando e dando la "buonanotte". 
Come dire: "Adesso so' c..... vostri!!!!"

28 febbraio 2013

Dimissioni e morte.

Intanto, dopo tutto, mentre il Papa vola via e Napolitano spende uno spicciolo di orgoglio nazionale, a Taranto un altro morto per lavoro. Mentre l'Italia s'arrovella sui governi possibili, proprio quando il Pontefice abdica in favore di un successore che non vuole diventare Papa, in fondo a tutto questo, la notizia che all'Ilva di Taranto un altro giovane uomo è morto nella sanguinosa guerra del lavoro, non riesce a scuotere neanche i cuori più deboli. 

25 febbraio 2013

Lirica dell'assenza

"Accomodati assenza" di Daniele Baron
"Questa è una sedia. 
La sedia senza il sedente, lo scranno vuoto dell'occupante, il seggio del deputato ineletto.
E' la sedia dell'assenza, il segno del precario, il sogno vago del temerario, il desiderio di ardente rivalsa, la speranza di essere presente, la sedia dell'impaziente attesa del viandante e la sedia del vecchio scrutatore.
La sedia del riposo e la sedia del torturatore.
È il posto che manca nella mente, il padre che è morto ed il figlio che se n'è andato.
L'assenza del presente e la malinconia del senso ormai perduto. 
La sedia dell'assenza che riempie il vuoto sempre taciuto." (FrederickLAB)

Permetteteci di dire che l'assenza non è un disvalore, ma piuttosto una virtù. Non esserci, non essere, non è come morire. Significa lasciare aperte altre possibilità, spesso è un atto di liberalità verso chi ha più cose da dire e da fare.

24 febbraio 2013

Un voto LAST MINUTE.

In epoca di fast food e di alta velocità; di pensiero debole e di recessione cavalcante, in  cui neanche la notte degli Oscar ha le sue certezze, noi andremo oggi a votare. Ci andremo lentamente, a passo felpato, barcollando e tentennando come ubriachi, forse avranno cambiato il numero della sezione, forse ci daranno schede elettorali multicolore e tempestate di simboli che non riconosceremo. E, con la matita in mano, ci dirigeremo quatti verso la cabina, dove finalmente saremo soli. Soli con le nostre domande e con i nostri mille dubbi, con le vecchie certezze offuscate e con i sani principi di una volta smarriti. Solo allora, quando il lume della ragione o il fuoco della pancia ci scalderanno, solo in quel fuggevole momento di estasi civica prenderemo la decisione; e quando la punta di grafite si avvicinerà al cartoncino, un fremito scuoterà la nostra mano ed una forza uguale e contraria ci spingerà a ritirarla e ad andarsene lanciando lazzi e ed improperi contro tutto e tutti. Invece, quel fuoco sarà più forte e finalmente decideremo di decidere, in un'esplosione di incitamenti della coscienza e liberandoci di ogni sovrastruttura contaminante. Perchè saremo alfine liberi e potremo decidere all'ultimo minuto......all'ultimo secondo. Come diceva qualcuno, "la libertà è partecipazione".

23 febbraio 2013

Supplica degl elettori

Cosa avete fatto per evitare che scegliessimo i qualunquisti? Cosa avete fatto per evitare che abbracciassimo i demagoghi? Cosa avete fatto per evitare che incontrassimo i veri rivoluzionari? Cosa avete fatto per evitare che piangessimo lacrime di dolore e diventassimo sempre più poveri? Niente....niente avete fatto per riaccendere le speranze. Adesso accomiatatevi ed almeno uscite in silenzio.